L’inferno delle buone intenzioni

Il lungo discorso d’esordio al Senato del Premier Giuseppe Conte, date le premesse, è apparso come un poderoso condensato di buone intenzioni. Buone intenzione di cui, ci ricorda un vecchio detto, è lastricata la via che porta all’inferno. E in effetti, occorre sempre ricordare a chiunque non abbia molta affinità coi numeri, che la distanza siderale esistente tra gli impegni presenti nel famoso contratto di governo – questi ultimi elencati dallo stesso Conte con una vaghezza esemplare, soprattutto dal lato delle coperture – e la difficile realtà in cui si muove il nostro traballante bilancio pubblico non potrà in alcun modo essere colmata col metodo delle chiacchiere sovrabbondanti inaugurato dal nuovo Presidente del Consiglio.

Chiacchiere e fumisterie le quali, dal modo in cui hanno reagito i mercati finanziari, riportando lo spread a livelli di guardia, non sembrano aver sortito l’effetto di rassicurare gli investitori, anzi. Ma questo, almeno per ora, non ha minimamente scalfito la sicumera di chi ha raccontato al popolo la bella favola di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, citata nel suo intervento dal grillino Vito Crimi, secondo i quali “ciò che puoi sognare lo puoi fare”. Ne consegue, quale nesso logico apparentemente inattaccabile, che se si sogna dentro la cabina elettorale, immaginando di favorire l’edificazione del Paese della cuccagna, poi tutto questo è destinato inevitabilmente a realizzarsi attraverso la magia del voto. Altrimenti, se la sovranità popolare non è neppure in grado di sovvertire il bieco egoismo dei succitati mercati, in cui investono molti degli stessi elettori italiani, che sovranità popolare è? Non siano dunque terrorizzati i possessori, italiani ed esteri, dei nostri titoli pubblici: il rischio Paese, apparentemente reso assai critico da un Esecutivo giallo-verde che ha messo nero su bianco la disintegrazione di ogni residua disciplina di bilancio, è garantita dalle polizze elettorali del popolo sovrano.

Come ha ricordato Conte, il popolo si è espresso nella direzione di un cambiamento e, costi quel che costi, un cambiamento avranno. Se poi l’applicazione concreta di ciò dovesse scontrarsi con la realtà dei numeri, i quali notoriamente hanno la testa dannatamente dura, conducendo l’Italia a un passo dal baratro finanziario, considerando anche le preoccupanti avvisaglie di una repentina inversione del ciclo economico che già si intravedono all’orizzonte, potremmo sempre contare sui sogni sovrani di Grillo e Casaleggio. Ma per maggior sicurezza potremmo anche riempire le nostre case di agli, cornetti e ferri di cavallo, recitando il famoso ritornello contro il malocchio del grande Peppino De Filippo, alias Pappagone: “Aglio, fravaglio, fattura ca nun quaglio. Corna bicorna, capa r’alice e capa r’aglio.... Il tutto, mi raccomando, con piglio rigorosamente sovrano.

Aggiornato il 06 giugno 2018 alle ore 17:50