Attenzione al partito della realtà

Malgrado i foschi presagi che sembrano addensarsi sul futuro prossimo dell’Italia, tra problemi di finanza pubblica sempre rinviati e oscure prospettive globali, il nostro surreale teatrino della politica prosegue i suoi i balletti all’interno di una specie di universo parallelo.

Tutto ciò in attesa che il partito senza elettori e senza poltrone, ovvero quello implacabile della realtà, irrompa sulla scena con la sua forza dirompente, facendo strame di tutti quei pensieri magici che hanno fin qui dominato un dibattito politico basato sul nulla. A quel punto, quando il Paese nel suo complesso sarà costretto a prendere atto che nessuno, ma proprio nessuno dei miracoli promessi in campagna elettorale soprattutto dai vincitori, Lega e Movimento 5 Stelle, potrà mai avverarsi, forse saremmo in grado di impostare una riflessione un tantino più seria sulle cose, ragionevolmente molto poche, che si possono concretamente realizzare attraverso l’azione politica in una democrazia problematica come la nostra.

Di certo, sebbene vi sia una diffusa propensione degli elettori italiani a correre dietro a chi propone con grande leggerezza di violare le leggi della fisica e quelle della matematica, l’inevitabile accantonamento delle più suggestive promesse di questi ultimi anni, come il reddito di cittadinanza, l’abolizione delle Legge Fornero e la flat tax al 15 per cento, probabilmente spingerà molti ingenui e sprovveduti cittadini a porsi qualche domanda in più. Magari, analizzando la coperta drammaticamente già molto corta dei nostri conti pubblici, ampiamente stiracchiati oltre misura dai precedenti Governi, qualcuno si accorgerà che non c’è alcuno spazio per le ulteriori e colossali redistribuzioni dei grillini o per le mitiche riduzioni di tasse in deficit proposte dai leghisti, a meno di non intervenire con tagli talmente impopolari sulla nostra mostruosa spesa pubblica – di cui, ricordo, ben oltre il 57 per cento serve a finanziare il cosiddetto welfare – da fomentare rivolte e sommosse in tutto lo Stivale.

In questo senso, se vogliamo ridare un concreto significato al termine “cambiamento”, dovremmo declinarlo in un modo del tutto diverso rispetto alla mirabolante accezione con cui esso viene usato dai giovani demagoghi in auge, Luigi Di Maio in testa. Un cambiamento il quale, lungi dall’evocare prodigiosi ribaltamenti del mondo da ottenere, così come credevano gli uomini primitivi, attraverso il potere magico delle parole, dovrebbe tornare saldamente a far rima con rinsavimento. Un sano rinsavimento collettivo che spinga l’offerta politica nel suo complesso a tornare a farsi la concorrenza entro un perimetro programmatico più ragionevole.

Potrà non piacerci, ma in questo particolare momento storico il partito della realtà è l’unica “forza politica” in grado di riportare tutti, eletti ed elettori, saldamente coi piedi per terra.

Aggiornato il 27 aprile 2018 alle ore 15:24