Verso un governo: cambia il vento

Zitti zitti, anche quelli del Partito Democratico, persino Matteo Renzi, stanno sussurrando qualcosa di politico. Si sa, quando si avvicina un (non “il”, ma “un”) governo, le parole sembrano come scappare dalla bocca. Chi è quello che, avendo un minimo di sale (politico) nella zucca, non vorrebbe dire la sua a proposito di un argomento forte se non fortissimo come un Esecutivo da mettere in piedi? Cosicché il vento della politica sta cambiando.

Intendiamoci, non si capisce bene da che parte spiri, se da destra o da sinistra, posto che i due termini sembrano caduti in disuso nel senso e nella misura che un Luigi Di Maio loro attribuisce coram populo, cioè in tivù dove non sembra perdersi una puntata grazie soprattutto agli inseguimenti dei suoi (della tv) addetti.

Interessante, come vento diverso, anche la posizione del leader leghista che, a parte il no seccamente ripetuto al Pd, ha dichiarato che, per quanto riguarda il centrodestra, cioè Silvio Berlusconi, un governo presieduto da una figura terza non ci starebbe male.

In fondo, a ben vedere, il dito berlusconiano di qualche giorno fa con Matteo Salvini dichiarante al Quirinale, pare volesse “indicare” proprio al Colle più alto una soluzione per dir così terza, un’esploratore/esploratrice, un incaricato, un personaggio di quelli che Sergio Mattarella non può non gradire e incaricare tout court.

Lo chiameremmo anche volare alto, dopo l’incredibilmente fanciullesca interpretazione dei due giovanotti in questo mese e passa, un duo a volte simile a quelli del gioco delle bocce, a volte intento a una mano di poker e un’altra ancora accomunati da un bel sorso di vino al “Vinitaly” che, per due dichiarati astemi, resta pur sempre un salto nell’ebbrezza.

Sì, il vento sta cambiando alle viste del governo e, come hanno fatto notare con una punta maliziosa certi colleghi, persino a Mediaset queste fole hanno per dir così investito tre valenti conduttori di talk-show, anche se non ha tutti i torti l’azienda a giustificarne le decisioni in base agli ascolti. Ma tant’è.

Il fatto è che spira un’aria che non è così diversa da quella di tanti anni fa, quando la deprecatissima Prima Repubblica aveva il suo tenore preferito in Giulio Andreotti che, sia pur cantarellando, magnificava la politica dei due forni sull’onda dell’immortale “questo o quello per me pari sono!”, come ha fatto notare il nostro direttore anche e soprattutto a proposito di un andreottismo di ritorno impersonato da Luigi Di Maio.

Di Maio che, se non andiamo errati, è il Premier straindicato (per ora) da quel Movimento 5 Stelle che ha ottenuto il 32 per cento dei voti in Italia, e ci si chiede, en passant, se fosse vero e non una fake news lo slogan “onestà onestà” urlato dai grillini (di lotta e di governo?) che ora teorizzano e praticano l’interscambiabilità di destra e sinistra sollevando contestualmente contro entrambe la questione morale.

E già che ci siamo, qualche curiosità non può non suscitarsi dal cambiamento di ben quattro dei loro capitoli cui, peraltro, i grillini hanno per dir così giurato eterna fedeltà politica, per lo meno sui mass media, capovolgendo a volte (da “Il Foglio”) le loro tradizionali posizioni, vedi la politica estera che scotta in Medio Oriente, ottenendo, a quanto pare, il compiacimento di Donald Trump.

Via col vento! A parte i vitalizi, mi raccomando.

Aggiornato il 18 aprile 2018 alle ore 11:16