Berlusconi, come si costruisce una vittoria

Mentre nel centrosinistra si litiga, c’è qualcuno che, senza troppi clamori, tesse la tela per restituire al Paese un Governo stabile e autorevole. Questo qualcuno è Silvio Berlusconi. Nei giorni in cui Matteo Renzi trova il tempo di azzuffarsi con tutte o quasi le istituzioni repubblicane sull’affaire “Bankitalia”, il vecchio leone di Arcore continua a predisporre le pedine sulla scacchiera per giocare la madre di tutte le partite politiche.

Basta osservare la scansione degli eventi dell’ultima settimana. Il leader forzista ha cominciato col benedire il risultato elettorale che ha consacrato l’Övp – il partito popolare austriaco – di Sebastian Kurz la prima forza del Paese d’Oltralpe. Poi c’è stata la conferenza stampa, insieme con il governatore Roberto Maroni, per dire che il referendum di domani sull’autonomia di Veneto e Lombardia è cosa buona e giusta. Talmente positiva che quel modello di federalismo, già perseguito al tempo dei governi di centrodestra, dovrà essere esteso a tutte le altre regioni. Quando? In primavera, quando la coalizione da lui guidata tornerà al governo. Ovvio! Berlusconi lascia Milano, destinazione Bruxelles per partecipare, da protagonista, al summit del Ppe, il Partito popolare europeo. La trasferta è l’occasione per pronunciarsi su un paio di questioni delicate, per far sapere che: Berlusconi c’è.

Su Bankitalia: “Sicuramente c’è stato meno controllo sulla situazione bancaria di quanto dall’istituto ci si aspettava, quindi non è del tutto senza senso la richiesta di verificare cosa sia successo in quel periodo. Va anche detto che la sinistra prova ad approfittare della situazione per la sua solita tendenza a occupare tutte le poltrone. Prima lo faceva dopo le elezioni, ora ci prova anche prima”. Come dire: il problema c’è ma Renzi e compagni non facciano i famelici, quindi giù le mani dalla poltrona dorata di Palazzo Koch.

Anche se i media non vi hanno dato grande risalto, lui, il vecchio leone, tiene a soffermarsi su quello che reputa un successo italiano in seno al Parlamento europeo: la modifica del Trattato di Dublino nella parte che disciplina il meccanismo di accoglienza dei migranti. Con le norme attuali quelli che sbarcano in Italia non potendo circolare liberamente all’interno dell’Unione bisogna tenerseli. Se il Consiglio dei capi di Stato e di governo dell’Ue recepirà il testo approvato dal Parlamento europeo, “il primo Paese di arrivo non sarà più automaticamente responsabile per i richiedenti asilo” ma questi verranno redistribuiti in base a criteri automatici che terranno conto dei ricongiungimenti familiari e delle esperienze pregresse dei richiedenti asilo come, ad esempio, l’aver compiuto cicli di studio in un Paese europeo. Un passo storico, se il Consiglio non decide di mettersi di traverso. Non manca, nelle parole del Cavaliere, una speciale menzione per Alessandra Mussolini che della riforma del Trattato di Dublino è stata “relatrice ombra” per conto del Ppe in seno alla Libe, la Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del Parlamento europeo.

Da Bruxelles anche a Berlusconi la Spagna non sembra così lontana. Allora, per uno statista certificato è d’obbligo un passaggio sulla crisi della Catalogna: “Al posto di Rajoy non avrei mandato la Guardia Civil per impedire ai Catalani di votare. Ormai è successo e per risolvere la situazione l’unica strada percorribile è il dialogo. Magari per far ripetere in futuro un referendum che si svolga all’interno delle regole costituzionali e al quale possano partecipare pacificamente tutti i catalani, compresi quelli contrari alla secessione”. Capito Mariano? Ascolta e impara. Poi l’abbraccio con il presidente del Ppe Joseph Daul e il saluto deferente di Antonio López-Istúriz White, segretario del Partito popolare europeo che lo appella “prossimo presidente del Consiglio italiano”. E se lo dice lui vuol dire che lo pensa anche Angela Merkel.

Anche le pietre lo hanno capito: in Europa, dopo la delusione per il flop del giovane “rottamatore” di Rignano sull’Arno c’è la grande paura per il crollo del fronte meridionale con l’arrivo al potere dei “qualunquisti” grillini. L’unico di cui fidarsi e sul quale puntare per evitare il peggio è lui, l’evergreen di Arcore. È lui che ha dimostrato di saper tenere a freno le spinte oltranziste dei sovranisti incorporando nella coalizione di centrodestra anche i leghisti che, in Europa, sono amici dei peggiori odiatori dell’establishment dell’Unione. Certo che per uno che potrebbe starsene tranquillo a godersi la terza età in compagnia della famiglia non c’è che dire. E siamo solo all’inizio.

Aggiornato il 21 ottobre 2017 alle ore 09:04