A chi non va bene Pisapia il mediatore

È dura la vita del mediatore. Ma anche speranzosa e comunque con un fine ben preciso. Ma che sia dura ne deve sapere qualcosa il buon Giuliano Pisapia, che continua di buona lena nella cucitura fra i vari pezzi del tessuto sfilacciato del Partito Democratico. Di buona lena, appunto, ma non proiettata nel tempo siderale, nelle distanze di anni, nell’eternità. Altrimenti non è più tale, si logora e si sfilaccia pure lei insieme al suo gestore, ancorché illustre.

La mediazione è, come si dice, un atto tanto di buona volontà quanto di necessità e, soprattutto, di costanza. Per non dire del grande Machiavelli secondo il quale il mediatore deve essere più forte, non più fragile dei contendenti a cui si rivolge. Questa massima è forse nel “Principe” o altrove dato che il Niccolò fiorentino ha scritto di tutto, dalla politica al teatro e dunque, anche nei suoi detti sparsi qua e là. Certamente uno di questi, da noi ignorato, non è sfuggito a un giornalista nostrano fra i più capaci e autorevoli: Stefano Folli. La scoperta da parte nostra di un machiavellismo (è proprio il caso di dirlo) autentico ma colpevolmente sconosciuto si è accompagnata, in questi tempi di magra, con un disvelamento squisitamente politico che l’ottimo fondista ha vergato per ”la Repubblica” di giovedì con un titolo davvero invitante: “Pisapia il mediatore e la lezione di Machiavelli”. La curiosità era acuita dall’evocazione dell’autore del “Principe” e possiede in automatico un che di machiavellico che spinge alla lettura. Vi risparmiamo il lungo ma sempre appropriato - riferendosi alla Sicilia in fregola preelettorale con una sinistra in pieno avvitamento - ragionamento folliano anche e soprattutto perché, proprio come in ciascuno di voi, nasce prioritariamente il sospetto che l’aurea citazione vada letta in trasparenza, più o meno metaforicamente, come insegna, appunto, la lezione di Machiavelli. Ed è proprio la chiusa dell’articolo che ne costituisce il clou o, se si vuole, la punta più acuminata del ragionamento del giornale fondato da Eugenio Scalfari ma legato indissolubilmente, da sempre, a De Benedetti.

E parliamo di punta acuminata che somiglia a un consiglio pressoché ultimativo preceduto da riflessioni sull’entità e la forza di una leadership ancorché locale ma dai fortissimi riflessi e impulsi nazionali come quella in Sicilia del sindaco di Palermo “dove ha fatto tutto Leoluca Orlando ma al di là dello Stretto, soprattutto al Nord”, destinazione per dir così politico-dirigenziale dove non sembra giunta con effetti graditi ai decisori la mediazione dell’ex sindaco di Milano.

“L’ambizione (di Pisapia, ndr) - scrive a tal proposito Folli - è notevole e degna di nota: dare contenuti brillanti a un centrosinistra rinnovato e inclusivo. Sfortunatamente l’ex sindaco di Milano è troppo debole per un disegno così vasto”, segue la citazione del Machiavelli, e perciò “Pisapia - conclude l’editorialista de ‘la Repubblica’ - dovrà dimostrare quella volontà di leadership che finora gli è mancata. Il suo progetto è a un passo dal fallimento, anche perché gli scissionisti del Pd sono carichi di rancore, ma non si capisce quale sia la loro visione di società alternativa a Renzi. Senza programmi chiari, che non ci sono, è poco utile avvitarsi intorno a giochi politici stucchevoli del tipo Alfano sì/Alfano no. O anche Pisapia sì/Pisapia no”.

Potremmo anche commentare questa chiusa come “in cauda venenum” dato l’accostamento, sia pure a fini esplicativi, fra Alfano e Pisapia. Del resto, la sentenza di Folli parla da sola. Parla soprattutto da un quotidiano che non è uno qualsiasi, che i suoi inventori e gestori, da Scalfari e De Benedetti, hanno voluto fin dalla nascita collocare nel coté chiaramente a sinistra della nostra politica non ingannando dunque il lettore. E se questo è vero, come non abbiamo difficoltà a credere, questa sua messa per dir così a riposo dell’ex sindaco ambrosiano, ancorché sorretta dall’altissima lezione del segretario fiorentino, segnala prima di ogni altra cosa che il partito de “la Repubblica” è più vivo che mai, sia oggi che domani, e siede al tavolo della politica, della sinistra, del Pd. E ne attende il mediatore come vuole Machiavelli. Ma c’è?

Aggiornato il 08 settembre 2017 alle ore 08:52