
Cosa c’è di più disintossicante e tonificante di una seria cura dal leggendario Henri Chenot in quel di Merano? Come dimostrano le azzeccate (come sempre) foto del Signorini di “Chi” con il Cavaliere in piena forma, dimagrito e curioso in un grande supermarket, la scelta terapeutica è stata la migliore per Silvio Berlusconi, che ha davanti a sé più di un impegno, fra la politica e l’impresa.
Di certo, l’energizzante periodo meranese non può essere tutto per un leader, se è vero come è vero che nulla rinfranca e rilancia un politico più di un successo elettorale. Tanto più se questo leader è reduce da non poche disavventure cui hanno dato un contributo eccezionale i nemici nei partiti antagonisti e non pochi mass media, spesso più tignosi e pericolosi di qualsiasi Pubblico ministero. C’è un appuntamento elettorale dietro l’angolo, cioè il voto per il rinnovo dell’Assemblea regionale della Sicilia che, come si suol dire, fa o potrebbe fare alla bisogna per il Cavaliere. E forse, anche senza forse, Berlusconi ha voluto rimettersi in buona forma in previsione di un ritorno in pista nel campo di Marte di una lotta partitica che non può e non sarà senza esclusione di colpi. E in pista il Cavaliere c’era già dai tempi meranesi quando, silente più del solito, ha convenuto innanzitutto sulla scelta di un candidato di centrodestra, indicato da Giorgia Meloni ma ben presto accettato sia pure con l’aggiunta di un numero due “indipendente” che non può infastidire le speranze di un successo atteso e inseguito, in primo luogo dai lui stesso e dai suoi proponenti, ma poi dal Cavaliere al quale vincere in Sicilia può portare non poche soddisfazioni.
Peraltro, se la situazione oggi migliore sembra quella del Movimento 5 Stelle, quella peggiore sembra, a chi scrive, quella della maggioranza uscente di sinistra che, anche dopo il tira e molla dell’uscente Rosario Crocetta e della sua rinuncia bon gré mal gré a ripresentarsi per agevolare il percorso del segretario del Partito Democratico, non pare proprio aver spianato del tutto una strada che appare sempre in salita. Adesso, poi, con la candidatura di Claudio Fava, ancorché tallonata da quella unitaria di Fabrizo Micari, la gauche prosegue nel suo gioco preferito da decenni, quello di dividersi, al di là della buona volontà di Giuliano Pisapia.
Va pure aggiunto che una vittoria in Sicilia è da sempre considerato un buon viatico per le elezioni politiche nazionali di qui a sei mesi, ma nel caso precipuo di Matteo Renzi, se questo successo siculo non avvenisse, le conseguenze subito il dopo-Sicilia sarebbero per lui a dir poco complicate. A cominciare dalla legge elettorale, dopo le decisioni della Consulta, con le ottimistiche dichiarazioni renziane (ora più caute) sul traguardo del 40 per cento considerato nello stesso Pd un’ipotesi del terzo tipo e dunque sempre da questo partito ritenuto un decisivo ostacolo all’introduzione di un premio di maggioranza alla coalizione vincente, a maggior ragione dopo un probabile successo del centrodestra in Sicilia che lo rilancerebbe per l’appuntamento nazionale della primavera, se non prima.
Del resto, come si osserva da più parti, il rottamatore Renzi sembra un lontano ricordo apparendo l’ex Premier un decisionista indeciso a tutto, grazie anche al cautissimo ma stabile Paolo Gentiloni e ai risultati di un iperattivo ministro Marco Minniti volato segretamente dal generale Khalifa Haftar, donde le controspinte renziane per l’approvazione (almeno) dello Ius soli che servirebbe, secondo l’ex sindaco di Firenze, a riprendere il pallino in mano. Ma non sembra un calcolo utile alla bisogna unitaria se è vero come è vero - ne parlava ieri il nostro direttore - che questa legge non solo non godrebbe di una maggioranza sicura dopo il più no che sì alfaniano, ma in caso di una sua approvazione offrirebbe al centrodestra un ulteriore spazio e slancio polemici e un’occasione per micidiali spot specialmente contro i pericoli di un’immigrazione ulteriormente dilatata.
La competizione siciliana offre così a Silvio Berlusconi non una ma due opportunità, in caso di vittoria su M5S e Pd: riprendere uno slancio a livello nazionale e di sciogliersi dall’abbraccio soffocante di Matteo Salvini, quest’ultimo non soltanto privo di peso politico in Sicilia, ma che appare a sua volta con qualche problemino se è vero come è vero che in quel di Cernobbio ha smorzato i toni polemici, le minacce antieuropeiste e i propositi di abbandonare l’Euro, mostrando inoltre non poche incertezze sulla legge elettorale e rischiando qualche frizione con Fratelli d’Italia, partito di nuovo vicino ai moderati. L’opportunità di ridare a Forza Italia - che ne avrebbe tanto bisogno - un ruolo di traino dei moderati il Cavaliere non se la lascerà scappare.
Aggiornato il 07 settembre 2017 alle ore 21:14