
E poi dicono che la pubblicità è l’anima del commercio politico. È la ricerca dello slogan, l’imitazione dei jingle pubblicitari, la dedizione all’elaborazione dello spot che fa più colpo, la missione più vera di non pochi politici (si fa per dire).
Prendiamone uno a caso, il pur simpatico ma onnipresente Matteo Salvini che, tanto per stupire, “pour épater le bourgeois”, ha buttato lì la sua candidatura a Premier, a fare il capo del Governo dell’alleanza di centrodestra che “inevitabilmente” verrà, specificando - proprio come in uno spot - che governerà contro Matteo Renzi e contro Beppe Grillo (ma gli alleati cosa ne pensano? E lui, il Cavaliere, è d’accordo? Boh) e assicurando: “Non vedo l’ora di rivoluzionare fisco e scuola e stop all’immigrazione”. Vasto programma, commenteremmo se fossimo cattivi. Ma si sa, è uno spot e andrà anche nel peak time, bisognerà pure spararlo a ripetizione.
Torneremo fra poco su questa tecnica all’italiana di catturare voti a suon di commercials sempre più demagogici e sempre meno politici. Prima guardiamo da vicino il quadro generale, ascoltiamole le voci meno populiste, più sagge e liberali che ci sono sul tema dell’antipolitica a cominciare, perché no, dalla nostra che sembra a volte una vox clamantis in deserto. Uno dei più autorevoli fondisti del Corriere della Sera, Angelo Panebianco, tenta di introdurre nella vexata quaestio casta/anti casta una serie di riflessioni e suggerimenti la cui pacatezza e ragionevolezza sembrano quasi reagire, molti anni dopo, all’escalation che il termine “casta” ha raggiunto da noi; tanto più che per ironia della sorte (mettiamola così) il libro di successo omonimo è dovuto a due formidabili giornalisti dello stesso quotidiano di via Solferino. A Milano qualcuno si lascerebbe scappare un “se le suona e se le canta”. In realtà lo stato delle cose in politica è quanto mai precario e dubitiamo assai che sia alle viste un miglioramento ancorché lieve (“la politica che non sa reagire”, titola infatti il fondo) anche e soprattutto perché è esattamente la Polis come si rappresenta e come agisce - mettiamo in Parlamento - che sembra sempre più perdere importanza se non ragion d’essere.
Un modo di essere, sullo sfondo del populismo giustizialista sempre più incalzante, che ha ormai imboccato la strada a precipizio della propaganda, dello slogan, dello spot, appunto, il cui emblema più significativo e devastante è quello andato in scena in Senato a proposito dei vitalizi, come se una regia perversa vi avesse presieduto con l’intento di peggiorarne, se possibile, il messaggio. Il dibattito si è risolto, né più né meno che “in uno spot contro il Parlamento”, lo stesso che i populisti doc vorrebbero aprire come una scatola di tonno, operazione che temiamo non sarà necessaria: la scatola parlamentare si è spalancata da sola. Certo, alla sceneggiatura di questo spot tremendo ha collaborato, diciamo scientificamente, un uomo di Matteo Renzi in una furbesca gara con Beppe Grillo dimentico del proverbio del vecchio Nenni: nella gara a chi è più puro, c’è sempre uno più puro che ti epura. E cioè: nella gara a chi è più anti-casta, vince sempre l’originale. Politica, se ci sei, batti un colpo!
Aggiornato il 02 agosto 2017 alle ore 20:49