Lega e M5S sono simili? Non molto a dire il vero

“Un dialogo con i 5 Stelle ci può essere, soprattutto con il loro elettorato - ha detto Giancarlo Giorgetti della Lega - È gente contraria a come opera il governo del Pd e su tanti temi vuole cambiare le cose così come lo vogliamo noi. C’è tanta gente che vota Beppe Grillo e, diversamente dagli altri, verso di loro non abbiamo alcun tipo di ostilità, superiorità intellettuale o snobismo. Ci battiamo entrambi per le elezioni anticipate che diano la voce al popolo”.

Poi si vedrà, aggiungiamo noi, tenuto conto che, sempre da Giorgetti, arrivano strali alla politica del Cavaliere: “Non si capisce mai se collude con il governo o se fa opposizione”. Chiaro, no? L’avvicinamento fra Lega e pentastellati c’è e si vede. Anche sulla questione dello Ius soli. Ed è probabile che altri riavvicinamenti ci saranno e li vedremo. Ma, tanto per dirne una, anzi uno, eccoti il sempre loquace Luigi Di Maio in tivù da Bruno Vespa a dire che loro e i leghisti sono incompatibili anche e soprattutto perché cantavano (i seguaci di Matteo Salvini) inni a favore del Vesuvio contro i napoletani. Ma Di Maio ha risposto per difendere la sua napoletanità e basta? Non lo crediamo proprio, anche perché il vicepresidente della Camera, sempre a porta a “Porta a Porta”, ha illustrato all’inclita e al volgo il loro autentico credo politico. Autentico almeno fino alla prossima smentita - o correzione o aggiunta - non soltanto su certe tematiche odierne che lo vedono insieme ai salviniani (i quali a differenza sua sono certamente più coerenti proprio sui problemi dell’immigrazione, mentre i pentastellati hanno la faccia di bronzo di dichiarare cose diametralmente all’opposto di quelle di qualche mese fa), ma soprattutto sul loro credo politico e ideologico.

Nel salotto più “in” della nostra tivù sono andate in onda delle dichiarazioni che si vorrebbero definire forti se non fossero non diverse dalle boutade che sentiamo, a volte, nelle osterie. Ma non per questo meno singolari se provenienti dal candidato a Premier di un movimento che ai tempi di Casaleggio senior ci assicurava di essere di destra e di sinistra con qualche somiglianza persino al libertarismo dei Radicali (Marco Pannella, perdonali!). Oggi destra e sinistra, e pure il centro, sono stati finalmente chiariti con nomi e cognomi dal lucido Di Maio. Che ha così rivendicato la loro discendenza dai sacri lombi (ideologici) di Berlinguer e di Almirante, e pure della Democrazia Cristiana. In realtà fu proprio Casaleggio padre alle elezioni europee a invocare che il nome di Berlinguer lo sentissero fino a Palazzo Chigi (ché, per Casaleggio, il berlinguerismo di Matteo Renzi era farlocco), ma che il nome illustre di Almirante venisse anch’esso invocato a “Porta a Porta” questo davvero non potevamo lontanamente immaginarlo.

Si sa, Di Maio e i suoi sono nuovi, diversi, estroversi, inventivi, dei pigliatutto politicamente, ma mettere insieme quei leader rivela un funambolismo da quattro soldi ma, anche e soprattutto, un’indifferenza non tanto o soltanto al fascismo o al comunismo, quanto, soprattutto, all’intelligenza e alla memoria degli italiani. Non solo, ma sia Almirante che Berlinguer sono stati gli emblemi di due vicende finite, sconfitte, morte e sepolte dalla storia. Rivolgersi a loro collocandoli in una sorta di Pantheon ideale serve soltanto a catturare gli allocchi. Che forse saranno tanti. Ma per fortuna non votano tutti per Grillo. Per fortuna.

Aggiornato il 21 giugno 2017 alle ore 15:29