La data del voto e la bega Pd per i posti

Anche la polemica sulla data del voto (a ottobre o nella prossima primavera) si è trasformata in una lite interna del Partito Democratico. Sono ormai anni che le vicende interne del Pd sono dominanti e condizionanti della vita pubblica italiana. E ora anche il problema se andare al voto prima o dopo la legge di stabilità si è trasformato in un nuovo capitolo dello scontro tra renziani e antirenziani in atto dalla caduta della segreteria Bersani ad oggi.

La faccenda attuale si ammanta di motivazioni nobili. Chi si oppone al voto in autunno sostiene che in questo modo si impedisce al futuro governo di varare entro il 31 dicembre la legge di stabilità e si condanna il Paese a subire le conseguenze della speculazione internazionale e a caricarsi di un inevitabile aumento dell’Iva, cioè della pressione fiscale. Chi preme per il voto al più presto replica che la speculazione si combatte con la stabilità politica e che solo il ricorso alle elezioni ravvicinate può consentire di dare vita a un governo autorevole e in grado non solo di realizzare in tempo utile la manovra di bilancio ma anche di trattare autorevolmente con l’Europa.

Queste ragioni sono tutte ragionevoli comprensibili e rispettabili. Ma l’impressione è che siano solo la cortina di fumo dietro cui si nasconde la vera ragione della polemica tra reziani e antirenziani. Che è molto più concreta e prosaica e non riguarda la legge di stabilità ma i posti sicuri nelle liste bloccate del nuovo sistema elettorale. Gli oppositori di Renzi rimasti nel Pd temono di subire una sorta di pulizia etnica da parte del segretario e cercano di utilizzare la legge elettorale per conquistare una posizione in grado di consentire loro di trattare il più convenientemente possibile con un leader abituato a “non fare prigionieri”.

L’accordo ampio sulla legge elettorale tra Renzi, Berlusconi, Grillo e Salvini spunta l’arma degli antirenziani, che possono alzare la voce ma non hanno alcuna possibilità di porre condizioni. Il ché lascia aperta la strada a una nuova possibile fuoriuscita dal Pd. Verso quel Giuliano Pisapia che avrebbe voluto fare il federatore dell’interno centrosinistra ma che ora sembra orientato ad accontentarsi di federare sola la sinistra antirenziana.

Aggiornato il 01 giugno 2017 alle ore 21:42