Dove ci sta portando la gara dei populismi

Dove ci porta la gara dei populismi di Paolo Pillitteri Dove porta la gara a chi fa o è il più populista? Dipende. Renzi, che non poche volte è andato a braccetto col populismo, è finito l’altra sera in Tv componendo un trio rispetto al quale il lontanissimo Trio Lescano era una fonte di allegria, di sveltezza, di ritmo. E ha “metamorfosizzato”, con la complicità degli altri due - Orlando ed Emiliano - un Congresso Nazionale in una sorta di dibattito tanto diplomatizzato da somigliare a un dopolavoro: smorto, sottovoce, limitato, senza sprazzi polemici. Riuscendo, sempre il noto Renzi, a compiere una specie di reductio ad unum, che sarebbe poi lui,che farà di Orlando il capo di una opposizione di sua maestà e di Emiliano un placido eppur simpatico minoritario con pulsioni polemiche centellinate, preferendo il mandare a dire che al dire in faccia.

Per carità, meglio così rispetto a quanto fanno, dicono e urlano in faccia e dietro, nelle piazze e in Tv, i due populisti doc: Grillo e Salvini. Per Renzi il ripiegamento dal populismo ha una duplice ragione d’essere, sia nelle conseguenze della sconfitta referendaria del 4 dicembre, sia nella consapevolezza che stando al governo la demagogia è destinata al flop, se va bene, o alla rivolta di quel paese come il Venezuela un giorno ricchissimo, vedi il caso Maduro. Ma c’è da aggiungere che, purtroppo per Renzi e il suo Pd, quella specie di tribuna politica ha messo in luce una distante e tutt’ora debole e per niente solida e convincente identità ideologica che, per l’ultimo partito storico rimasto da noi, è un dato che balza agli occhi.

Peraltro, nella gara a chi è più populista, vincere contro Salvini e figuriamoci contro Grillo, è una pia e dannosa speranza. Salvini, dunque. L’ultima, in ordine di tempo, carta salviniana gettata sul tavolo dell’ormai esangue politica italiana, non è affatto una novità, un tema nuovo, nel lessico gridato leghista e nei suoi programmi, anzi. Altro non è che la ripresa, con le stesse urla, del Nord autonomo, del “liberi in casa nostra” di bossiana memoria, usando per di più il referendum lombardo-veneto che smaschera, con la sua inutilità sostanziale, il propagandismo populista ad usum delphini, cioè di se stessi. E poi, certo, lo stop all’immigrazione, la legittima difesa dai rapinatori, il sovranismo, l’uscita dalla Ue e dall’Euro. Ma senza dire in che modo effettivo e dunque senza offrire un’alternativa concreta, quale progetto diverso e fattibile. Boh…

Ma se Salvini gioca su un solo tavolo, il che tutto sommato lo rende a suo modo coerente, ben diverso e indubbiamente più insidioso è il populismo pentastellato. Grillo è un maestro nel settore del doppiogioco, anche e soprattutto perché la sua specialità consiste essenzialmente in una vera e propria double face che lo rende un caso unico nel panorama, non soltanto italiano.

Fare il doppiogioco come nel caso di Reporters sans frontières, che lo accusa nientepopodimeno che di “fare pressioni sui giornalisti”, lo sta portando su una china un tantinello pericolosa proprio nel settore di un’informazione che, in genere, gli ha dato tanta corda. E non basta controbattere, come ha fatto il leggendario Dibba dalla leggiadra e puntuta Gruber, tirando in ballo i soliti padroni dei giornali che minacciano i poveri cristi servi e sottomessi in redazione, figuriamoci, o insistere con l’accusa “sono tutti marci”, che è ancora peggio, perché non è vero. Ed è vero invece che anche quest’ultima faccenda mette sotto i riflettori vera essenza della politica assolutamente grillocentrica nel solco dello slogan d’antan “il Duce ha sempre ragione”, ma che possiede una doppia dimensione, ora è di destra ora di sinistra ora di centro, o contemporaneamente tutto ciò. Per i creduloni e gli ignoranti che, inutile aggiungere, sono tanti.

Nel frattempo i mitici algoritmi, facendo leva quotidiana su questa ignoranza popolare, conducono le danze, la manipolano facendo sempre emergere la volontà del capo unico e indiscusso, di Lui. Tant’è vero che, nel movimento grillino, chi non è d’accordo è imperiosamente invitato a fare le valigie. Il che dimostra dove conduca, almeno dentro il “rivoluzionario movimento”, la gara al populismo. Fuori, si vedrà.

Aggiornato il 02 maggio 2017 alle ore 17:14