Salvini e la Le Pen, sì ma l’Europa?

È di tutta evidenza che l’unica e vera risposta “politica” ai populismi di destra e di sinistra non può che risiedere in un’alternativa di centro, la quale, proprio in quanto tale, guardi un po’ a destra e un po’ a sinistra; come ha sottolineato il nostro direttore rivolgendosi a un Matteo Salvini che, al contrario, anela a una lepenizzazione della destra italiana. Ma si sa che un Salvini non fa primavera in uno schieramento nel quale Silvio Berlusconi ha fin da subito avvertito, già alla vigilia del primo round vinto da Emmanuel Macron, l’alleato leghista che col lepenismo italianizzato non ci sarebbe, non ci sarà e non c’è trippa per gatti. Il Cavaliere sa perfettamente che il moderatismo è l’arma vincente in Italia, in Francia e non solo. E sa anche che in caso di vittoria delle estreme, a “droite” come a “gauche”, si va incontro a quelli che l’autorevole quotidiano “Le Monde” dell’altro giorno ha definito come “les risques d’une explosion”. Il quotidiano d’Oltralpe è indubbiamente schierato per Macron, ma i suoi commenti al post primo turno hanno non soltanto insistito su questi rischi, ma hanno avvertito i francesi che da un lato si ha a che fare con una vera e propria “date historique”, dall’altro ci si trova di fronte, né più né meno, a uno choc politico. Perché? Le ipotesi sono tante e anche da noi sono state avanzate alcune tendenze soprattutto se si confrontano, in Francia, i risultati elettorali e se si ragiona su un ballottaggio a due nel quale, fin da ora, sarebbe più che prudente non sbilanciarsi negli auguri presidenziali anticipati al giovane Emmanuel e alla sua giovanile Brigitte.

Ma ragioniamo un attimo sul perché dei rischi di un’esplosione postoci da uno scrupoloso Jérôme Fenoglio sempre su “Le Monde”, il quale pone l’attenzione su un fatto che non può sfuggire a una più attenta lettura del primo turno, laddove il risultato di Marine Le Pen è bensì di due punti indietro a quello di Macron ma di cinque in più rispetto a quelli precedenti, mostrando che “pour la première fois, le Front National vient de dépasser les 20 pour cent de voix à une élection présidentielle” e questo nonostante una “mauvaise campagne de la candidate Fn”. A questo choc se ne aggiunge un altro, ovvero il letterale rovesciamento (“bouleversement”) dei fondamenti politici del Paese sia con l’eliminazione dei due grandi partiti, socialista e gollista, sia nell’opposizione delle grandi città rispetto al resto della Francia.

Tutto vero, si capisce, ma anche tutto o quasi rilevato dai nostrani osservatori dei mass media, almeno i più attenti. Il punto invece sul quale si è meno insistito, anche da parte del nobile e pur smagato “Le Monde”, è l’effetto che una vittoria finale della Le Pen, non così del tutto immaginifica, avrebbe dentro e specialmente fuori dalla Francia, cioè in Europa. E qui, su questo eventuale choc, il nostro Cavaliere ha ragionato più di tutti, ché le sue reiterate punture di spillo (per ora) all’irruento capo leghista hanno sempre avuto come secondo punto le conseguenze inevitabili per Ue ed Euro di una vittoria lepenista con l’uscita più o meno veloce dei cugini francesi da un’Europa che, al contrario, sta dimostrando nelle elezioni in diversi Paesi, dall’Austria all’Olanda, di battere i populismi tenendo fermi unione comune e moneta.

La Francia che piace al Front National, è una Francia libera e bella, sovranista, patriottica, non sottomessa al giogo dei poteri forti e delle burocrazie dell’Unione. E l’aspirazione salviniana a un simile modello vincente, non si sa mai, anche in Italia racconta esplicitamente un altro tipo di “bouleversement” cui la Lega ci ha abituati, fin da quando sul Po l’Umberto Bossi alzava al cielo “lumbard” le altissime grida per sfasciare l’assetto nazionale, distruggere la comunanza storica della stessa patria, in favore della piccola, piccolissima patria lombarda (e veneta e piemontese). Ma già qualche anno dopo, la Lega, allora tutta bossiana, veniva coinvolta alla grande coi suoi ministri nel governo nientepopodimeno che nazional-patriottico ed europeista presieduto da Berlusconi, con Pier Ferdinando Casini, Maurizio Sacconi, Roberto Maroni, dando l’addio alle “revanche” lombardiste. Col rovesciamento del Salvini di oggi si dà un addio di segno opposto chiedendo consensi sulla scia lepenista, per una Patria Italia, anch’essa scissionista, ma dall’Europa. Ma siamo sempre alle piccole, anzi, piccolissime patrie. Che al Cavaliere non piacciono. Meno male...

Aggiornato il 02 maggio 2017 alle ore 17:45