
Queste presidenziali francesi pongono l’ennesima domanda: in politica, conta l’immagine? È fin troppo facile rispondere che il problema è più complesso, anche perché lo è davvero. Ma nella complessità di una gara a cinque, fra cui una bella donna quasi cinquantenne, la questione dell’immagine non è affatto secondaria. Non è che qui si voglia stabilire a chi sia piaciuto o piaccia Emmanuel Macron, benché a leggere le Borse di Parigi e Milano la vittoria per due punti su Marine Le Pen ha contato, eccome, nei mercati e, come si dice, dalle parti della “gauche”, nei poteri forti. E si capisce pure che la scomparsa simultanea dei socialisti e dei gollisti non può non aver avvantaggiato il nuovissimo candidato, banchiere e già ministro di un François Hollande che non soltanto non si è ripresentato, ma non ha fatto nemmeno votare per Macron lasciando comunque intendere che non voleva danneggiarlo nel primo turno. Ed è persino ovvio constatare che nella corsa all’Eliseo la Francia moderata e spaventata, non soltanto dal terrorismo islamico ma dalla radicalità lepenista, necessita di un volto calmo e rassicurante, centrista ma guardando a sinistra, giovane ma con non poca esperienza privata e politica.
Eppure quei due punti in più rispetto alla Marine Le Pen ci dicono qualcosa che ha a che fare con il coté privato e con l’immagine di Emmanuel Macron; intendendo per immagine l’assetto squisitamente mediatico e la percezione nel “popolo” della sua figura per dir così esterna, fotografata, passata in televisione e nei media, compresi quelli dei gossip. Si parlava di volto rassicurante. Il volto, per l’appunto quello trasmesso dai media, ha giocato un ruolo importante insieme - se non di più - alla storia privata di Macron che, a sua volta, accentua i lati mediatici con i pettegolezzi, così da costituire un unicum che ha pochi uguali, almeno in questa competizione d’Oltralpe. Innanzitutto Macron è bello (rispetto a tutti gli altri), parla bene e, pur non essendo un Cicerone, ha puntato su uno slogan di fondo semplicissimo perché chiarissimo: “production, competition, Europe”. Certo, è un contenuto politico, ma la dice lunga sulla non del tutto esplicita posizione altrui, adeccezione della Le Pen che, con la sua impostazione di estrema destra, si è collocata per l’appunto all’opposto, mostrando come e qualmente il dualismo - facilitato da un sistema elettorale da importare da noi, ma ne dubitiamo fortemente - sia l’avventura elettorale più entusiasmante persino per una Francia non messa proprio bene.
Macron e la Le Pen sono due candidati fisicamente belli e la donna, una donna, parte comunque in vantaggio proprio in quanto donna. E per di più con una storia familiare in cui la rottura col padre l’ha sollevata dal fascismo tout court spingendola piuttosto in un clima da vecchia Oas (Organisation de l’armée secrète) con spot non meno chiari dell’avversario “sovranismo, protezionismo, no Europa, no Euro”. Macron possiede tuttavia un surplus mediatico che sta nella sua storia personale: sposato con Brigitte Trogneux (ultrasessantenne) e nei tanti gossip che l’accompagnano tuttora, a cominciare dalla sopposta omosessualità per la sua “amicizia” con Mathieu Gallet, presidente di “Radio France”, e con Pierre Bergé. Macron era un liceale quindicenne con una professoressa, la Trogneux appunto, già legata in un matrimonio e con la quale in pochi anni nacque l’amore. Lo “scandalo” di un non ancora quarantenne oggi sposato con una ultrasessantenne ha ulteriormente giovato a Emmanuel Macron in questa tornata, se è vero come è vero che lui stesso ha reso sempre più visibile mediaticamente, fino al bacio pubblico dell’altra sera, quella disparità d’età che ha non solo attirato l’attenzione in sé e per sé, ma ha spinto simpatie nuove a un Macron il cui scopo essenziale era ed è di evitare una vittoria lepenista con tutto quel che segue.
Ben lontana dal rappresentare un’eccezionalità rischiosa nel giudizio della grande pancia francese, la coppia Brigitte-Emmanuel ha mostrato, al contrario, un richiamo tranquillizzante, una sorta di messaggio oltre la sentimentale unione felice, verso una stabilità per dir così politica. Chi di noi non ha avuto timore di un’affermazione clamorosa di un ultra-destra, data per di più vincente dopo Charlie Hebdo e l’assassinio di qualche giorno fa del povero poliziotto nel cuore di Parigi? Chi non ha ragionato sul ruolo della paura su un elettorato sospinto automaticamente verso l’autoritarismo e l’antipolitica?
Il dato di oggi, ma non è detto che fra due settimane valga il principio del repetita iuvant in un’Europa dove la minaccia dell’ideologia terroristica islamica potrebbe provocare fatti e danni clamorosi, è che la Francia profonda non è su una direzione reattiva unica, anzi. Non solo, ma Macron ha compiuto una campagna mediatica facendo di necessità virtù, compresa un’unione matrimoniale a dire di molti stravagante perché rara, eccezionale, ma non per i sentimenti. La loro sottolineatura forse non piacerà ai giovani yuppies della “gauche” e pure della “droite”, ma oggi ha funzionato. Domani, chissà...
Aggiornato il 29 aprile 2017 alle ore 19:13