Dove ci sta portando la cultura del sospetto

Non è che qui si voglia impiccare i due Cric e Croc grillini all’assalto del buon Mario Orfeo, imitando (in peggio) quei filibustieri delle Iene. E lasciamo perdere con le intimidazioni, che pure erano lì, belle e buone da rimandargliele sul grugno, e dimentichiamoci pure delle balordaggini riversate quotidianamente dai grillini parlanti di tutto e di tutti, con figuracce che non ti dico.

No, il problema è più grande e, come si dice, più complesso, anche e soprattutto perché i film quotidiani inscenati dagli incredibili Hulk pentastellati vengono da lontano e non sono affatto una loro carta identitaria. Che, semmai, è un controtipo riuscito male di quello che con grande acume puntualizzava, attaccando i giustizialisti, Giovanni Falcone: “La cultura del sospetto non è l’anticamera della verità, ma del khomeinismo”, aggiungendo, per completare il suo pensiero garantista, che “l’informazione di garanzia non è una coltellata che si può infliggere così; è qualcosa che deve essere utilizzata nell’interesse dell’indiziato”.

Eccoci al nodo autentico della questione, al suo nucleo duro e pressoché indistruttibile perché tuttora operante nel circo o circuito mediatico-giudiziario nonostante i venticinque anni trascorsi dalla sua nascita ufficiale. La cultura, meglio, l’anticultura del sospetto altro non è che l’uso della giustizia a fini politici; ovverosia la trasformazione delle garanzie di ogni cittadino nel loro opposto, nel loro esatto rovescio, che le trasforma in armi tanto più contundenti - e a volte letali - quanto più i bersagli sono i membri della cosiddetta “Casta”.

La manipolazione rovesciata di una garanzia non poteva che essere di natura mediatica non tanto o non solo perché non di competenza del responsabile giudiziario, ovvero il Pm, ma soprattutto perché per costui il circo o circuito suddetto era indispensabile per raggiungere un risultato, qualunque fosse. E sempre e comunque in nome dell’autonomia della magistratura. Inutile chiedersi come sia stato possibile che in un quarto di secolo nessun Governo, nessun Parlamento, di nessun colore (e di colori se ne sono visti parecchi) siano riusciti non dico a cambiare l’andazzo, a riformarlo, o almeno a impedirne gli eccessi, ma almeno a potersi difendere. La risposta non è facile anche e soprattutto perché l’uso politico della giustizia - e le manipolazioni mediatiche indissolubilmente connesse - è un’arma che vale per tutti, ovverosia per tutti (o quasi) i successori della Prima Repubblica, non a caso eliminata proprio da quell’arma totale. Ma, si dirà, è un’arma a doppio taglio e se e sono viste le conseguenze.

Il fatto è che una volta cancellata la Politica, la Polis e la Civitas, mandando al rogo i suoi rami partitici, “perché tutti corrotti, tutti ladri!”, la sua sopravvissuta parvenza, proprio perché fantasmatica e dunque impotente, non poteva non genuflettersi di fronte al nuovo Moloch per garantirsi dai suoi morsi voraci che, al contrario, si sono vieppiù ringalluzziti e scatenati, agevolati da un coro mediatico divenuto anno dopo anno sempre più onnivoro e sempre meno obiettivo. Insomma: pataccaro, col risultato di un’opinione pubblica a sua volta manipolata in funzione, da qualche tempo, di un grillismo d’assalto che si giova di apporti massmediatici che neppure il clan dei Kennedy se lo sognavano.

Ma ciò che più dovrebbe inquietare, per lo meno i lettori più avveduti, è la sistematica invasione del fenomeno intercettativo spacciato per verità, l’avvento del non vero, delle fake news, il cui florilegio micidiale ha colpito oggi il padre di Matteo Renzi, ma ieri (e per anni) il padre (a suo modo) della Seconda Repubblica; quel Silvio Berlusconi cui, ancora oggi, viene attribuita, via intercettazione, la battuta sulla cancelliera Angela Merkel come “culona inchiavabile”. E che importa che un eccellente giornalista come Filippo Facci continui a ricordare che quella battuta è del tutto inventata, che in nessuna intercettazione trascritta è presente. Una bufala, insomma. O patacca. È la cultura del sospetto, bellezza!

Aggiornato il 04 maggio 2017 alle ore 13:20