
Arùspice, secondo il Dizionario Treccani, era presso gli antichi Romani “il sacerdote che esaminava le viscere (specialmente il fegato), originariamente per verificare se fossero ritualmente pure, in seguito anche per trarne indizi per l’interpretazione di prodigi di vario genere”. Letteralmente, l’aruspice era un vaticinatore: dunque un augure, un auspice, un divinatore, un indovino. Oggi lo chiameremmo stregone, ciarlatano, mago, eccetera. Insomma un imbroglione, non un religioso.
Sono riandato con la mente agli aruspici considerando il titolo del convegno del Movimento Cinque Stelle intitolato “Capire il futuro”, che evoca qualcosa di magico e fantastico. Il popolo italiano è così gravato da carenza d’affetto che ogni ventennio s’innamora di un’idea, di un capo, di un partito, che gli vengono presentati sotto forma di divinazioni. Animato più dalla superstizione che dalla religiosità, l’Italiano è portato per natura a credere a veggenti e profeti. Benché Machiavelli abbia insegnato al mondo la “verità effettuale” delle cose politiche, non è riuscito ad inculcare la lezione nella testa dei suoi connazionali, lasciandoli nell’illusione che l’avvenire possa essere previsto scrutando le fumanti interiora di una bestia macellata durante un rito sacro.
A cose fatte, non abbiamo capito cosa gli aruspici grillini abbiano capito nel corso della cerimonia “Capire il futuro”. Forse il fegato esaminato non era trasparente a sufficienza? Forse le budella erano troppo intorcinate? Forse il sacerdote non era lucido abbastanza? Fatto sta che per tentare l’impossibile impresa di capire il futuro bisogna prima cercare di comprendere il passato, un esercizio già di per sé difficile nonostante sia basato sui fatti storici, contrariamente alle fantasticherie dell’aruspicina. I grillini, anche dopo l’ultimo sforzo di comprensione del futuro, hanno confermato che a loro sfuggono gli ammaestramenti del passato. Si sentono e si comportano, violenza fisica a parte, come i Giacobini d’infelice memoria. Veemenza verbale, rivoluzionarismo, rousseaunesimo orecchiato, morale esibita, uomini nuovi e, nientemeno, una nuova democrazia, né rappresentativa, né diretta, né referendaria, ma elettronica oppure tutt’e quattro assieme, miscelate in una creazione mai vista e sperimentata. Questo fenomeno, un ‘novismo’ propriamente detto, che agli occhi degli aruspici grillini appare come un vaticinio tangibile, è in realtà vecchio di millenni e ricorrente. Già furono considerati pericolosi in Grecia e in Roma gli ‘escogitatori di novità’. Il difetto più grave degli aruspici grillini consiste nella confusione. Loro non intravedono con precisione i contorni dei presagi che solennemente emettono, e tuttavia sono assertivi nel proclamarli come verità scientifiche. È la loro sicumera che li renderebbe inattendibili, pure se, invece che fole e fantasmi, agitassero certezze reali. Dunque non preconizzano niente di buono perché tutto fintamente nuovo, un vecchiume attualizzato. Ciò nonostante, anzi proprio perciò, tutto lascia presagire che prevarranno, perché gl’Italiani li vedono come una via d’uscita, mentre sono una via di fuga. Fuga da cosa? Dalle responsabilità, da quelle responsabilità che gli aruspici grillini oggi tralasciano nei meandri intestinali, ma che li travolgeranno quando il popolo non tardi scoprirà che i fausti vaticini erano abituali imposture.
Aggiornato il 27 aprile 2017 alle ore 17:17