Scoppia di nuovo  una bufera sull’Unar

C’è uno scandalo che promette sviluppi. Sotto i riflettori è finito l’Unar, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento delle Pari opportunità). Cosa è successo? Un’inchiesta del programma televisivo “Le Iene” ha portato alla luce un finanziamento concesso dalla struttura governativa a un’associazione privata che, si è scoperto, organizzava nella propria sede la prostituzione omosessuale a pagamento. Dopo che il fatto è stato reso noto il capo dell’Unar, Francesco Spano, ha rassegnato le dimissioni dall’incarico. La vicenda però non è chiusa. Le opposizioni annunciano interrogazioni parlamentari. Vogliono costringere il Governo a presentarsi in aula per fornire spiegazioni convincenti sull’accaduto.

Tra i deputati più agguerriti c’è la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che con l’Unar ha un conto aperto. Ai primi di settembre del 2015, infatti, l’Ufficio governativo balzò agli onori della cronaca per una lettera di censura inviata all’esponente di Fratelli d’Italia con la quale si richiamava la parlamentare alla necessità di “trasmettere alla collettività messaggi di diverso tenore” rispetto alle affermazioni da lei espresse in tema di immigrazione. Un atto grave d’interferenza nel libero esercizio del mandato parlamentare che la Meloni non mancò di stigmatizzare ricorrendo anche a plateali forme di protesta. Insomma, roba da Minculpop. Segno evidente che, di là dai fantasmagorici proponimenti di una democrazia all’acqua di rose, esistono uffici pubblici dedicati al condizionamento, neanche tanto subliminale, delle scelte culturali ed etiche della popolazione. L’Unar è tra questi. La sua costituzione risale al 2003 per effetto di un decreto legislativo. Come si dice: il diavolo si nasconde nei dettagli. Pur partendo da un giusto principio di tutela dei diritti delle persone oggetto di atti discriminatori, l’Ufficio finisce per diventare un potente carrozzone pubblico. Ha risorse finanziarie da erogare e gli strumenti giuridici per farlo. Tra i suoi compiti istituzionali c’è quello di: “promuovere studi, ricerche, corsi di formazione e scambi di esperienze, in collaborazione anche con associazioni ed enti..., con le altre organizzazioni non governative operanti nel settore e con gli istituti specializzati di rilevazione statistica, anche al fine di elaborare linee guida in materia di lotta alle discriminazioni”. Un modo elegante per dire all’universo mondo del Terzo Settore: presentate progetti che rispondano alle nostre strategie di condizionamento ideologico della pubblica opinione e noi li finanzieremo.

Oggi fa rumore la storia del club degli incontri gay a pagamento che riceve fondi pubblici, ma perché non guardare al resto? Di recente l’Unar ha pubblicato la graduatoria di un bando per la “promozione di Azioni Positive volte a favorire il contrasto a situazioni di discriminazione etnico-razziale attraverso le arti, la cultura, lo sport”. Il gruzzolo da distribuire non è granché. Si tratta in totale di 199.244,89 euro da erogare a 25 località risultate vincitrici. Tra queste si citano realtà suggestive come l’Unione comunale del Chianti fiorentino, Santa Croce sull’Arno, Città di Castello. Sarebbe bello conoscere cosa si finanzia con i soldi degli italiani e, soprattutto, verificare se quei denari non vengano destinati alla propaganda contro le tradizioni, la cultura e l’ethos del nostro popolo. A pensar male si fa peccato. Giacché non siamo giustizialisti né “manettari”, non invochiamo a sproposito la scure della magistratura per avere gli scalpi delle teste d’uovo dell’Unar, tuttavia una bella inchiesta parlamentare sul come, quando e a chi sono stati dati i soldi per fare promozione, e di cosa, non sarebbe mica male. Sai quanti altarini si scoprirebbero.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:56