Matteo non è sereno

Gli anglosassoni direbbero: “Stay quiet and see”, che più o meno suona: “Zitto e osserva”. È un buon suggerimento di cui tenere conto specialmente ora che la trottola della politica ruota tanto vorticosamente da non restituire scenari che valgano certezze. Di certo sappiamo solo che Matteo Renzi è fuori da Palazzo Chigi e che al suo posto va Paolo Gentiloni. Sappiamo che la maggioranza raccogliticcia, che ha tenuto in piedi i governi dal 2013 a oggi, continuerà imperterrita a svolgere la sua opera di puntello anche del nuovo Esecutivo, per la cronaca: il quarto a seguire non espressione diretta della volontà popolare. Altra cosa pressoché certa sarà la composizione ministeriale, almeno nei suoi posti-chiave: quelli di prima saranno anche quelli dopo, con qualche irrilevante eccezione.

Ciò che, invece, non sappiamo è quanto durerà il gabinetto Gentiloni e, soprattutto, quale ascendente avrà Matteo Renzi su di esso. La vulgata dei soliti “esperti” ha tracciato un profilo poco lusinghiero del nuovo inquilino di Palazzo Chigi: un prestanome messo lì dal suo predecessore a non far nulla o quasi se non portare il Paese alle urne entro quattro/sei mesi al massimo. Ma siamo sicuri che questo sia il film che vedremo? L’unica verità della quale essere certi è che in politica nulla è scontato e le partite ingaggiate si sa come iniziano ma non si sa come finiscono. E quando finiscono. Un particolare potrebbe aiutare a capire lo spirito dei tempi e l’animo delle persone. Nei resoconti dei media il neo-premier viene variamente definito: mite, saggio, prudente, lento. Ma nessuno dice di lui: il fesso Gentiloni. Ciò lascia presagire che, una volta assiso sul più alto scranno governativo, “Paolo il freddo”, come lo hanno soprannominato dalle parti del Nazareno, non abbia una gran voglia di liberare la poltrona in fretta e furia. Certo, non vorrà fare sgarbi a uno scalpitante Renzi, il cui maggiore incubo è di vedere diminuire, per ogni giorno che passa senza tornare a immergersi in quel “The Truman Show” che è la campagna elettorale, la sua presa sul partito e sull’opinione pubblica. Tuttavia, nei momenti di maggior tensione con i residenti della casa-madre (il Partito Democratico), il conte Gentiloni non mancherà di ricordare a tutti che a Palazzo Chigi è stato messo dal Presidente della Repubblica ed è ai desiderata del Colle che intenderà rispondere, prima che a quelli di chiunque altro. Ciò vuol dire che se Sergio Mattarella, come si legge tra le righe dei suoi discorsi, volesse tirare la legislatura fino alla scadenza naturale dei primi del 2018, Gentiloni non soltanto mangerà due volte il panettone ma potrà gustare altrettante volte la colomba pasquale. E non ci saranno licenziamenti via Twitter che potranno arrestarne il percorso. Nessun “Paolo-stai-sereno” produrrà effetti analoghi a quelli del più celebre avviso di sfratto notificato all’allora Presidente del Consiglio Enrico Letta da un Renzi sulla cresta dell’onda.

Nelle intenzioni del capo dello Stato si intravede la stella polare di un ragionamento politico ben chiaro: nessun cambio di cavallo in corsa se non deciso da un voto del corpo elettorale. Ma per Mattarella e, a cascata per Gentiloni, le elezioni potrebbero non essere la priorità. C’è altro da fare prima di tornare a votare, compresa una nuova legge elettorale che sia la più condivisa possibile dalle forze partitiche in campo. E, come anche le buche di Roma sanno, per trovare un’intesa non si può stare con gli occhi puntati sull’orologio, ma bisogna lasciare che il tempo faccia la sua parte. D’altro canto, a fermare tutti gli orologi ci pensano gli alleati centristi, il cui unico comandamento a cui sentono di obbedire, resistendo alla propria indole di voltagabbana, è quello di restare incollati alle poltrone del potere più a lungo che si riesca e anche oltre, se possibile.

Attenti, dunque, a dipingere Paolo Gentiloni come il classico cane impagliato. Avrà pure l’aspetto compassato da bateau-mouche della sponda tiberina, ma la realtà è che lui staziona in vetta e i suoi presunti mentori o manovratori sono finiti ai giardinetti. Per informazioni citofonare a Francesco Rutelli.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 19:41