Stefano Parisi e legnate da “Faccia a faccia”

Perché ogni volta che c’è un “Faccia a faccia” minoliano siamo in un certo senso obbligati a farci sopra un pensierino, soprattutto per via delle parole sparate a raffica dal conduttore, vero specialista del settore? Vediamo. L’uso della parola, pardon delle parole, è ciò che distingue gli speakers politici (ma non solo) partendo dal sacrosanto presupposto che la parola è ciò che ci distingue dagli animali. Questa premessa la mettiamo lì tanto per giocare un po’ su un termine che Giovanni Minoli, nel suo “Faccia a faccia”con Stefano Parisi ha usato domenica scorsa su “La7”.

A proposito di “La7”; qualcuno mi deve ancora spiegare perché a viale Mazzini, ma a anche a Cologno Monzese, si siano lasciati scappare uno come Minoli, che nella sua lunga carriera alla Rai ha dato il meglio di sé e della storia della televisione, ha ideato prodotto e inscenato - tanto per dirne una - “Quelli della notte” con uno strepitoso Renzo Arbore che, rivedendolo dopo trent’anni bagna il naso alle presunte novità del nuovismo televisivo d’oggidì, e mettiamoci pure “Mixer”, “Aboccaperta” e ben altro, ma mi fermo qui.

Insomma, il discorso più acceso sulla Rai (invero di quasi sempre) riguarda la mitica par condicio nel senso più spicciolo, cioè partitico del termine, con alti lai e urla selvagge da un qualsiasi politico che si senta emarginato perché sovrastato dalle presenze in video del nemico, possibilmente da fare a fette con insulti, colpi bassi e strilli da lavandaia. Ma tant’è.

Torniamo a bomba, cioè alle parole, alle raffiche, al “Faccia a Faccia” dell’altra sera fra Minoli e Parisi. Intanto, uno spazio così specializzato in politica non è per tutti, nel senso che lo scafato Minoli sa cogliere e distinguere fior da fiore. La scelta di Parisi ha in un certo modo attribuito all’ex candidato sindaco di Milano e nuovo leader di “Energie per l’Italia” una sorta di benedizione, di viatico. Certo, Parisi ne dovrà ancora fare di strada e lo sa benissimo, per di più in salita e piena di curve pericolose, ma grazie anche a Minoli si è come ratificato una sorta di lasciapassare per il mondo dei grandi, che serve sempre a chi inizia un percorso politico. Il fatto più interessante, almeno per chi scrive, è stata quella sorta di altalena che la trasmissione è come costretta a strutturare nella misura con la quale l’incedere senza tregua delle domande costringe l’interlocutore a stop and go, magari con qualche pausa di riflessione ben presto riempita dall’assedio interrogante minoliano. Con Parisi si è verificato una specie di ribaltamento, non certamente nel farsi lui stesso interrogante, ma nella quiete, nella serenità, nella buona maniera con cui ha rintuzzato, ma anche risposto, alle domande.

Intendiamoci, nulla di nuovo sotto il sole. Parisi conferma di mettere in piedi un movimento sostanzialmente contro i burosauri-impiegati di Forza Italia, di voler continuare a far parte del centrodestra (ma c’è ancora, e cos’è, cosa vuole, è possibile? Ci chiediamo ogni tanto), non ha alcun astio verso un Cavaliere che l’ha scaricato per via di Matteo Salvini, ma aggiungendo che l’unico leader è oggi Matteo Renzi, il che, secondo Parisi, è stato un errore. Minoli, e qui torniamo al senso delle parole, anzi della parola, una speciale: legnata, ha per ben sette volte interloquito, con quella sua ironia con un personale sottofondo di bonaria constatazione, buttandogli lì la legnata, appunto, datagli dal Cavaliere. In senso figurato-politico, si capisce, ma il legno è pur sempre la materia di una bastone (vedasi lo Zingarelli e il vocabolario dei sinonimi e dei contrari) e una bastonata non è dissimile da una legnata. L’insistenza sul termine, data anche la bonarietà del Minoli, ha tuttavia rivelato un Parisi a suo modo ancora più diplomatico del solito, meno acre nei confronti dei burosauri vicini al Cavaliere, già pure insistendo sulla perdita dei dieci milioni di voti di Forza Italia in questi anni.

Eppure, anche la “legnata”, pur nella sua interattività allo scopo di provocare reazioni dure anti-Cav., ha a suo modo contraddistinto il senso di risposte placide, di annunci senza suspense, semmai di un disegno che dovrebbe infine gettare le basi ad un altro partito - benché Parisi faccia metaforicamente il gesto di Goebbels quando ne sente parlare - comunque nell’ambito berlusconiano. E giù la settima legnata. E a questo punto varrebbe la pena approfondire il termine “metaforico”. O no?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:01