
Invece di partire dall’interessante ma ormai sviscerato “fondo” di Ernesto Galli della Loggia a proposito di identità del centrodestra (vedi anche l’attenta riflessione del nostro Pietro Di Muccio), preferirei partire - come si dice - ab imis della questione identitaria, che riguarda inevitabilmente l’ubi consistam del liberalismo. E mi scuso per il latinòrum, ma serve quand’è riassuntivo di forma e contenuto di un pensiero politico. Di quello liberale, come sa meglio di tutti il nostro direttore, si proclamano in molti i seguaci, se non gli interpreti, pur essendone, spesso, i negatori. Perché il pensiero, e dunque i valori liberali, sono facili a dire ma difficili a seguire, anche per noi, per complessità e vastità intrinseca, per strutturazione storica e per l’interpretazione coerente e corrispondente politico-partitica. Perciò mi limito a ragionare sul momento attuale in un quadro politico-politicante nel quale il cosiddetto centrodestra naturaliter (sic!) liberale, potrebbe, anzi dovrebbe riflettere di più e meglio, con se stesso prima ancora che con alleati proclamanti la loro impostazione liberale nel momento stesso che “urlano” la sua negazione in nome della difesa dell’identità nel frattempo slittata dalla Padania alla Nazione.
Ma lasciamo perdere le polemiche. Il fatto è che immigrazione e identità convergono e divergono in una bruciante attualità, non soltanto italiana, Mare nostrum innanzitutto. L’identità diventa inevitabilmente la pietra di paragone e, al tempo stesso, un passaggio obbligato in riferimento all’emergenza immigrazione e collegamenti, più o meno frequenti, al fondamentalismo islamico e relativo terrorismo. Sulla scorta di un profondo e affascinante saggio “Turismo e terrorismo jihadista. I valori liberali della vita mobile e i nuovi nemici della società aperta” (Rubbettino Editore) di Nicolò Costa - sociologo del turismo e dello sviluppo locale, docente ora all’Università di Tor Vergata di Roma e prima alla Bicocca di Milano - l’incompatibilità totale fra liberalismo e fondamentalismo non nasce soltanto dall’esplicita negazione del primo da parte del secondo, regimi statuali compresi, ma tale evidente incompatibilità è respinta da una nostrana, potente casta imperniata su un politically correct tipico di una élite intellettuale e politica occidentale che applica le idee dell’uguaglianza delle culture, diffondendo altresì la rigida convinzione che non si possono giudicare quelle altrui, islamica in primis. In compenso la cultura dell’Occidente può e deve essere giudicata. Da qui la derivazione di un multiculturalismo la cui strategia politica, gravata da un sorta di senso di colpa del colonialista rispetto al colonizzato, impone che nelle città occidentali non soltanto occorre ospitare le comunità straniere conservando le proprie tradizioni mettendole così sullo stesso piano della maggioranza ospitante, ma obbliga quest’ultima a “un’incondizionata accoglienza sul piano del diritto positivo”.
Ma come la mettiamo quando le tradizioni sono illiberali? La tradizione è la propria storia che si rinnova, “la tradizione non è immobilità, è interpretazione, renovatio. All’opposto, la recita a memoria delle sure coraniche è obbligatoria per modellarsi e conformarsi oggi e per sempre ad una verità assoluta del passato. Del resto, come insiste Costa, la “simpatia radical chic per chiunque sia antioccidentale... si intreccia con l’anticapitalismo dove, però, le istituzioni liberali sono la premessa dell’autonomia della società in cui esiste il dissenso, la più potente sostanza fertilizzante della democrazia”. E quando in Egitto sono andati al potere (per poco...) i Fratelli Musulmani, la loro primavera araba fu appoggiata ingenuamente dall’élite culturale per poi prendere atto, come accadde in Iran con Ruhollah Khomeyni mobilitante milioni di persone, i rivoluzionari illiberali distruggono l’opposizione per evitare che possa vincere le successive elezioni.
“Conclusione: la democrazia non vuol dire partecipazione, come pensano ancora oggi larghi settori dell’opinione progressista, ma dissenso”. Mica male come contributo alla riscoperta dell’ubi consistam identitario liberale.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:01