
E poi dicono del fuoco amico. Che è un’auto fucilata, o quasi. E che dire allora delle mine - quelle che scoppiano - che uno si colloca sotto la propria sedia? Le auto-mine, appunto.
Matteo Renzi rischia di diventare uno specialista in questo mestiere, al di là di quanto possa immaginare. Intendiamoci, in politica, come in guerra, sono frequenti questi professionisti, spesso, detto a loro scusante, diventati tali per caso. Eppure, eppure... Prendiamo la mina più devastante che con le sue manine sante il buon Matteo s’è messo sotto la poltrona: il referendum come totem della sua potenza. Se vince il sì, ovviamente. Voi direte: adesso della possibile inversione in negativo del totem onnipotente se n’è accorto e ha cambiato radicalmente toni. Ma l’auto-mina intanto va disinnescata e poi non si sa con certezza l’effetto che fa, o meglio, che farà, posto che non sia fuori tempo massimo. Sarà stato il vento dell’opinione pubblica che nel giro di qualche mese ha girato contro il Premier, sarà che Giorgio Napolitano glielo deve aver detto e scritto, sarà che le cose in generale non vanno così bene, ed ecco che Renzi compie una brusca marcia indietro fidandosi del relax preferito dagli italiani: la dimenticanza. Ma non ci giureremmo troppo.
Il fatto è che il limite più vistoso del Premier nonché segretario del Partito Democratico è una speciale arroganza culturale, il pensare di fare da sé, l’illudersi che 80 euro servano vita natural durante e che, soprattutto, il richiamo trionfale all’ottimismo ad ogni piccola o media riforma messa in atto, sia bastevole ad un recupero effettivo della difficile situazione economica del Paese. L’esempio della riduzione delle tasse che, forse, magari, chissà, potrebbe iniziare nel 2018 (Pier Carlo Padoan dixit) non soltanto è un pio desidero, ma un’altra auto-mina di cui sopra. Ma c’è di più, ce ne sono altre. In quattro e quattr’otto, Renzi ha nientepopodimeno dichiarato di assumere lui, togliendola al ministro Angelino Alfano, la delega all’immigrazione. “Bene, no?”, verrebbe da dire. Vuol dire che riconosce una falla nel suo governo, specificatamente nel ministro degli Interni. Che è pur sempre “roba” sua, nel senso che Palazzo Chigi non può aver fatto finta in questi anni che la faccenda immigrazione trovasse una difficile ma positiva risposta dal “suo” ministro, del “suo” Governo. L’aspetto più grave è che se ne sia accorto così in ritardo, dopo anni di inviti all’accoglienza, alla solidarietà e all’apertura ai diversi secondo quel politically correct da operetta (almeno in Italia) che si sta modificando in tragedia anche per via della sempre più continua delega di questa inarrestabile fiumana ai comuni. Non a caso, Beppe Sala, che è un “suo” sindaco di una città di nome Milano, si è deciso a metterla nero su bianco comunicandogli la pratica impossibilità di dare soluzioni come si deve ad un fenomeno che da emergenziale si è trasformato in strutturale. Non è una sorta di auto-mina anche questa? C’era bisogno che lo avvertisse Sala, il nostro Premier? Da anni il problema degli immigrati, profughi, rifugiati è il primo di importanza e di drammaticità in Europa e negli Usa e la sua soluzione necessitava essenzialmente di quella parola che si chiama “prevenzione”. Il che indica come e qualmente che sia in Italia che negli Usa (vedi gli exploit non effimeri di Donald Trump) che nella Ue, poco o nulla si è fatto per prevenire in loco questa emergenza strutturale, cioè destinata a durare negli anni.
A proposito di Ue, dagli Usa il nostro Premier ha mandato a quel paese - in un colpo solo - Angela Merkel e Jean-Claude Juncker. Sembrava Beppe Grillo col suo “vaffa”. Ora, specificato che Juncker è la stessa persona che aveva promesso trecento miliardi per risollevare l’economia in crisi, aggiungiamo che di quei miliardi non se n’è visto uno. Non era meglio pensarci prima a Juncker e alle sue imperdonabili distrazioni? Intendiamoci: meglio tardi che mai queste proteste, peraltro legittime. Ma non converrebbe ora a Renzi di dire quella cosa che forse non porterà voti ma almeno servirà a guardare con meno miopia lo stato delle cose, dire cioè la verità? Si sa, quando Renzi sente parlare di consigli fa, metaforicamente, il gesto di Goering. Sul pauroso debito pubblico poi… E il paradosso italiano è che abbiamo il debito pubblico più grande del mondo. Ma anche la somma dei risparmi degli italiani è di uguale grandezza. Ma con le banche che scricchiolano. Come mai?
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:01