
Non ha torto il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, quando sostiene che in Italia le carceri possono diventare il brodo di coltura dell’estremismo islamico e trasformarsi nell’equivalente delle banlieue francesi o dei quartieri islamizzati di Bruxelles. Ma la presenza negli istituti di pena italiani di parecchie migliaia di giovani musulmani a rischio di conversione al peggiore radicalismo non è la causa della possibile proliferazione del terrorismo, ma solo la conseguenza di un fenomeno molto più grave e drammatico su cui il Guardasigilli non spende una parola.
L’alto numero dei giovani musulmani in carcere è il frutto di un’accoglienza indiscriminata e, soprattutto, mal gestita. Se a tutti i migranti che sono sbarcati e che hanno ripreso ad arrivare sulle coste italiane fossero state offerte condizioni di vita umane e dignitose, se avessero potuto e potessero usufruire di un periodo d’istruzione e di ambientamento e se avessero potuto o potessero essere inseriti facilmente nel mondo del lavoro, le carceri non sarebbero segnate dalla presenza di tanti giovani musulmani. La criminalità è diventata l’ammortizzatore sociale di quella parte dell’immigrazione che passa dai barconi ai centri d’accoglienza, troppo spesso simili ai vecchi campi di concentramento, e non ha altra prospettiva di inserimento nel nostro Paese che quella offerta dallo spaccio o da altre forme di delinquenza più o meno violenta.
Le banlieue italiane, dunque, non sono le carceri ma i centri d’accoglienza in cui i migranti non vengono preparati ad una qualsiasi forma di integrazione, ma sfruttati da chi specula sulla loro sorte. Ed il brodo di coltura del terrorismo non è la costrizione carceraria, ma i criteri di un’accoglienza irresponsabile e dissennata che sotto i buoni sentimenti nasconde ipocritamente gli interessi più sordidi.
Chi ricorda che anche gli italiani sono stati migranti ammonendo evangelicamente a non fare agli altri ciò che i nostri antenati hanno dovuto patire nei secoli scorsi, dimentica che i Paesi dell’accoglienza di allora applicavano regole rigide di ingresso, flussi limitati e controllati, nessuna apertura indiscriminata. Non si chiede troppo e non si tradiscono gli ideali umanitari sollecitando il Governo a prendere esempio dai modelli che hanno funzionato ed a tenere presente che dove questi modelli hanno fallito la nostra immigrazione ha prodotto il fenomeno della mafia!
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:06