Il brodo di coltura del terrorismo in Italia

giovedì 31 marzo 2016


Non ha torto il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, quando sostiene che in Italia le carceri possono diventare il brodo di coltura dell’estremismo islamico e trasformarsi nell’equivalente delle banlieue francesi o dei quartieri islamizzati di Bruxelles. Ma la presenza negli istituti di pena italiani di parecchie migliaia di giovani musulmani a rischio di conversione al peggiore radicalismo non è la causa della possibile proliferazione del terrorismo, ma solo la conseguenza di un fenomeno molto più grave e drammatico su cui il Guardasigilli non spende una parola.

L’alto numero dei giovani musulmani in carcere è il frutto di un’accoglienza indiscriminata e, soprattutto, mal gestita. Se a tutti i migranti che sono sbarcati e che hanno ripreso ad arrivare sulle coste italiane fossero state offerte condizioni di vita umane e dignitose, se avessero potuto e potessero usufruire di un periodo d’istruzione e di ambientamento e se avessero potuto o potessero essere inseriti facilmente nel mondo del lavoro, le carceri non sarebbero segnate dalla presenza di tanti giovani musulmani. La criminalità è diventata l’ammortizzatore sociale di quella parte dell’immigrazione che passa dai barconi ai centri d’accoglienza, troppo spesso simili ai vecchi campi di concentramento, e non ha altra prospettiva di inserimento nel nostro Paese che quella offerta dallo spaccio o da altre forme di delinquenza più o meno violenta.

Le banlieue italiane, dunque, non sono le carceri ma i centri d’accoglienza in cui i migranti non vengono preparati ad una qualsiasi forma di integrazione, ma sfruttati da chi specula sulla loro sorte. Ed il brodo di coltura del terrorismo non è la costrizione carceraria, ma i criteri di un’accoglienza irresponsabile e dissennata che sotto i buoni sentimenti nasconde ipocritamente gli interessi più sordidi.

Chi ricorda che anche gli italiani sono stati migranti ammonendo evangelicamente a non fare agli altri ciò che i nostri antenati hanno dovuto patire nei secoli scorsi, dimentica che i Paesi dell’accoglienza di allora applicavano regole rigide di ingresso, flussi limitati e controllati, nessuna apertura indiscriminata. Non si chiede troppo e non si tradiscono gli ideali umanitari sollecitando il Governo a prendere esempio dai modelli che hanno funzionato ed a tenere presente che dove questi modelli hanno fallito la nostra immigrazione ha prodotto il fenomeno della mafia!


di Arturo Diaconale