A.A.A. Casa dei moderati cercasi!

Cercasi centro disperatamente, sembra il grido che si leva dalle sparse membra del centrodestra. È quanto sostiene Maurizio Lupi sul “Corriere” di ieri, dove, al di là della citazione del Nicolas Sarkozy dei disastri (per noi) in Libia, ha messo in fila una serie di idee e di proposte dei moderati, davanti allo stallo, anzi al funerale, del centrodestra.

Per certi aspetti si va delineando un nuovo, nuovissimo corso dentro il caos del fu centrodestra, benché avvisaglie e indizi probatori ne rivelassero quotidianamente la portata e l’indirizzo finale. E forse non c’era così bisogno degli sfracelli dell’ex Polo nella Capitale per comprendere definitivamente il significato politico dell’esaurimento della fase federativa del Cavaliere. Forse... Ma questa evidenza di fine fase del centrodestra così com’era e come non sarà mai più, potrebbe - usiamo l’obbligato condizionale - servire a riprendere un nuovo racconto, un capitolo tutto da scrivere per la ricostituzione di un’area che ha subito colpi fatali, a Roma ma non solo. Una ricomposizione che risponda al vero e proprio smontaggio dell’alleanza, come lo si definisce da molti della Lega - che di smontaggi del centrodestra sono maestri, già dal lontano 1995. Solo che, allora, la leadership centrista e centrale del Cavaliere era incontrastata anche perché fu in grado di compiere il miracolo di tenere insieme, federare, i provenienti dai poli opposti, gli ex fascisti di Gianfranco Fini e i separatisti-secessionisti di Umberto Bossi. La comprovata impossibilità del Cavaliere di mantenere un’alleanza con gli “opposti estremismi” ha da un lato contribuito ai progressivi abbandoni di Forza Italia, da Alfano, Verdini, Lupi, dall’altro ai distacchi “ideologici” della Lega e, in parte, di Fratelli d’Italia. Sic stantibus rebus, non resterebbe che tirare i remi in barca, per qualcuno, e per altri sfidare il mare aperto. La politica è movimento nel senso che riesce, a volte, a trasformare in opportunità una seria battuta d’arresto, a utilizzare una sconfitta per riprendere un discorso diverso, purché, innanzitutto, si raccolga il guanto di sfida lanciato.

La sfida è quella di Matteo Salvini e anche di Giorgia Meloni, ma non si sa se di tutta la Lega e di tutto Fratelli d’Italia, basti leggere il pensiero di Bossi e di Maroni. Si vedrà. Ma allo stato il problema non è questo, giacché il mare aperto indicato dalla voglia matta salviniana di rottamazione naviga verso l’opzione politico-ideologica di un lepenismo all’italiana, che è antitetica a quella “centrista” berlusconiana, avendo come principio ispiratore di fondo la creazione di una destra estrema nemica innanzitutto del centro, cioè del moderatismo. Dire però che questo viaggio intrapreso da Salvini sia un tradimento, se non una follia, è l’errore che fa chi non pensa ai propri guai e a risolverli. La rottamazione del capo della Lega non è però la stessa di Renzi, pur possedendo qualche caratteristica, ma in superficie, giacché quella del Premier si è svolta tutta all’interno del Partito Democratico, passo dopo passo, primarie dopo primarie. Cattiva e cinica fin che si vuole, possiede comunque una sua logica e un suo percorso per dir così istituzional-partitica, una coerenza politica, discutibile, discutibilissima finché si vuole, ma... Quella di Salvini deriva da un cambio di rotta radicale nel suo passaggio dal separatismo del Nord al nazionalismo con l’uscita dall’Euro, dal secessionismo Lumbard contro Roma ladrona, al patriottismo per ergere muri anti-extracomunitari, in salsa lepeniana si capisce. Il rottamare salviniano, in questo contesto, riguarda esclusivamente gli altri, mai se stessi. Da considerarsi sempre nuovi o quasi, tutti gli altri, invece, da buttare o da scartare, specialmente se provenienti dal prima, i cosiddetti e detestati “revenant”. Cosicché “il modo di fare politica di Verdini è quello che più odio”, si disprezzano i revenant e il ritorno di Mastella in Forza Italia è visto come il fumo negli occhi, Bertolaso è roba vecchia, cioè berlusconiana, da non votare, “non salirò mai su un palco dove ci sono sostenitori del governo Renzi” - quest’ultima è una minaccia non poco lieve per lo stesso Stefano Parisi, in corsa per il Comune di Milano, in un’alleanza unitaria fra Forza Italia, la Lega e Maurizio Lupi di un Ncd parte costituente del Governo.

Insomma, la situazione è grave, ma non seria. Non esiste il problema dei revenant se non al cinema con Leonardo Di Caprio. In politica uno vale o non vale. Mastella candidato a sindaco di Benevento è una carta da giocare per il suo valore in sé, tanto più se riferito al deserto o quasi che lo circonda. Non parliamo dei revenant dentro la Lega dove tutti, chi più chi meno, appartengono ad una fase trascorsa, ad un’Italia che non c’è più, ad un prima ed a un dopo. Altro che nuovo che avanza.

Che fare, dunque? Lungi da noi, osservatori disincantati, prescrizioni e ricette. C’è tuttavia un vuoto da riempire, uno spazio che si rende libero, vuoi per la fine delle capacità federative del Cavaliere, vuoi per il tasso di estremismo iniettato nel centrodestra da un leader (perché leader lo è davvero) come Salvini. Lega e Movimento Cinque Stelle incolpano di occulto filorenzismo lo stesso Cavaliere, e di renzismo operante il solito Verdini, oltre che Alfano e Lupi. In realtà Salvini e Grillo, loro sì, rischiano di fare il gioco dell’altro Matteo, un abile cacciatore di consensi centristi, Verdini docet, per l’appunto. Il vuoto da riempire è la casa dei moderati, un’operazione che sembra ritornare al “Nazareno”, più simile peraltro alle antiche “larghe intese”, ma in effetti risalente alle radici del Polo. Nondimeno comporta un lavoro autonomo, faticoso ma importante, impegnativo ancorché doloroso perché doverosamente autocritico, di buona lena, estremamente necessario per il sistema paese. Perché potenzialmente capace di competere con un Matteo Renzi che appare ed è l’uomo solo al comando. C’è chi vuole far sparire il centro assorbendolo in una estremizzata collocazione che lo renderà comunque marginale. C’è chi invece crede che il centro politico non corrisponda ad un cerchio geometrico, ma al luogo dove si coniugano le tradizioni, le passioni, le storie, le eredità di una politica degna di questo nome. Chi ha buon filo da tessere...

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:59