Referendum per il “No”

Non è il momento di fare gli schizzinosi. Sono stato, nell’auletta di Montecitorio, alla riunione del comitato per il “No” alla riforma costituzionale. Quanto alla compagnia, non posso dire che, per un liberale, fosse il luogo ideale. Con il dovuto rispetto verso tutti i convenuti, e con la stima verso alcuni di loro, vi predominava la sinistra più variegata ed era presente persino qualche cascame dell’Ancien régime. L’ha scritto bene Pierluigi Battista sul Corriere della Sera: il referendum in mano a loro sarà perso. Il no sembrerà la ripicca della sinistra a sinistra di Matteo Renzi. E Renzi potrà dire: “Guardateli, non sono contro la mia buona riforma, ma contro di me”.

I partiti della destra, come amano definirsi, intanto non hanno costituito un analogo comitato, a quanto se ne sa. Silvio Berlusconi, notoriamente antisinistra, ma, a sentir lui, moderato non destrorso, pare pensare più ai sindaci che al referendum perché, uomo pratico, non ama le grandi questioni dello Stato e della sua Costituzione. Tutto il centrodestra sta dunque sbagliando. La disattenzione, che a me appare esiziale sottovalutazione della “questione istituzionale”, deve essere condannata da chiunque sia consapevole che la miscela tra riforma costituzionale e legge elettorale contiene non il pericolo, ma la certezza (certezza!) di consegnare il governo della nazione, e ciò che ne deriva, ad una minoranza del popolo; oggi minoranza renziana, domani chissà. Non è vero che, nominando Renzi primo ministro, Giorgio Napolitano, che napoletano è, abbia messo “la fessa in mano ai criaturi”, come dicono appunto a Napoli. Renzi sta dimostrando di saperla maneggiare... la politica. Tanto è vero che ha infinocchiato mica un fesso ma Berlusconi, costretto a disvolere ciò che aveva voluto, in cambio di nulla.

È dunque indispensabile, come ha scritto pure Mauro Mellini, mobilitare il centrodestra e comunque mobilitarsi, tutti e subito, per avversare il disegno riformatore, che giustamente e brillantemente l’avvocato Felice Besostri definisce invece “deformatore”, di Renzi e della sua oligarchia. Accantonando qui le tante ragioni per le quali non solo l’Italicum è incostituzionale, ma anche la riforma costituzionale è viziata nella forma e nella sostanza, bisogna sottolineare che la mobilitazione è tanto indispensabile quanto urgente perché il popolo ne sa poco e niente. Non percepisce a cosa va incontro. Bisogna spiegarglielo bene, con pazienza, e saperlo fare con gli argomenti giusti, che non possono essere solo tecnici. Questa battaglia di libertà potremo vincerla solo se conquisteremo al no gli umori popolari, dal momento che le ragioni del no sono tutte già dalla nostra parte. Il premier Renzi, che conosce le questioni istituzionali quanto la lingua inglese, ha dichiarato (minacciato?) che girerà l’Italia per spiegare all’elettorato le virtù della riforma.

Ebbene io propongo, per esempio, di formare un gruppo di volontari che, nelle stesse città, il giorno dopo ne spieghino i vizi e ne espongano le sicure conseguenze in danno della sovranità popolare. Bisogna togliere al referendum la patina di sfida tra Renzi e compagni per metterne a nudo la vera natura di spartiacque storico della democrazia italiana. Nessuno dimentichi, inoltre, che il no alla riforma costituzionale travolgerà anche la legge elettorale. Perciò vale doppio.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 19:34