Che la forza sia con te, Israele!

May the force be with you! La forza sia con te! C’entra fino a un certo punto lo slogan di Star Wars, ma lo rivolgiamo alto e forte a Israele perché da tempo, troppo tempo, gli israeliani sono nel mirino dei nemici. E chi sono i nemici di Israele? E degli ebrei? Siccome non bastavano quelli tradizionali, ovvero i soliti Paesi arabi, quasi tutti, che non lo vorrebbero neppure sulla cartina geografica, ecco che nell’Europa, sì, proprio nella Ue, a cominciare dalla Francia, l’antisemitismo rimasto per anni in sonno, si è risvegliato. L’ultimo risveglio è sfociato in una ignobile aggressione, a Marsiglia contro un uomo che portava in testa la kippah, inequivocabile segno identitario e religioso.

Che nel nostro Continente non si possa circolare con in testa la kippah, questo è uno dei segnali più inquietanti del grado di antisemitismo cui la civile Francia, cioè l’Unione europea, è giunta. Ed è ancora la stessa la Francia, tramite la sua prima compagnia di telecomunicazioni, Orange, a segnalarsi come protagonista del movimento globale di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele con la decisione della compagnia di abbandonare quel paese rescindendo il contratto anche a costo di pagare 50 milioni di euro. Del resto, l’Unione ha deciso mesi fa la marchiatura (che cosa vi fa venire in mente questa parola?) dei prodotti israeliani provenienti dai territori occupati, una scelta scellerata che, al di là del danno economico, è di una portata tanto più grave sul piano simbolico quanto più va ad iscriversi nella tragica escalation della Terza Intifada dei coltelli, ovverosia di una lacerante e sanguinosa campagna terroristica contro Israele alla quale, purtroppo, non sembra molto estraneo lo stesso Abu Mazen, ritenuto il più moderato dei capi palestinesi. Figuriamoci gli altri. Terza Intifada che si sta sviluppando col suo carico di violenza assassina nel quadro più ampio dell’assalto dell’Isis al mondo occidentale, alla sua cultura, alle sue radici religiose, alla sua civiltà.

Ed ai suoi stili di vita come si è visto a Colonia e altrove in Germania con un’aggressione collettiva alle donne il cui significato non soltanto rivela le pulsioni antifemministe e sessuofobiche di un branco nostalgico delle pratiche tribali dei loro bisnonni beduini - pratiche non estranee al Corano, anzi - ma consente una lettura, e neppure fra le righe, di un volontà, anche questa collettiva di interdire, di violentare, di spaventare, di intimidire le libere donne europee, la loro autonomia, le loro scelte, il loro, e nostro, stile di vita. Il terrorismo globale dell’Isis non ignora mai, nei suoi comunicati di rivendicazione, il super nemico che è, appunto, Israele, l’unico Paese democratico di un Medio Oriente in gran parte allo sbando, senza nazioni degne di questo nome, con le tribù che ritornano in auge in un territorio devastato dal terrore quotidiano di un Daesh che, dopo i purtroppo tardivi colpi ricevuti dai bombardamenti, si sta spostando in Libia per poi arrivare in Tunisia e mirarci più da vicino.

L’Isis incita alla guerra santa contro l’Occidente ma, in primis, contro Israele non certo per la questione palestinese - di cui Al-Baghdadi se ne fa un baffo per le ragioni intrinseche all’idea del Califfato uber alles - ma appunto perché è il paese che rappresenta, in un contesto sempre più catastrofico, i nostri valori, la nostre origini culturali, le radici profonde di una civiltà, di una tradizione di modi di pensare e di essere, di una storia che si pone come l’unica, vera, forte, credibile risposta a regimi autoritari, religiosi, medioevali, arretrati colpevoli, spesso, delle porte aperte ai richiami criminali dell’Isis. Israele siamo noi. È invece D’Alema che pone la questione della Palestina in cima ai suoi pensieri. Questione che esiste, non c’è dubbio.

Il fatto è che D’Alema pospone l’attualità degli accadimenti e le vere responsabilità, mettendo sullo stesso piano Israele e l’Arabia Saudita. Per lui sono questi due paesi sono i veri problemi del Medio Oriente, altro che due alleati nella guerra contro il Califfato. Meglio, molto meglio, andare d’accordo con gli inturbantati capi dell’Iran e i guerriglieri sciiti, prendendoli magari sotto braccio, come lui fece a suo tempo con un deputato Hezbollah. Meno male che l’ambasciatore israeliano in Italia gli ha risposto da pari suo. Ma è con l’arrivo del quinto sottomarino per la propria difesa che l’amica, libera, democratica nazione di Israele ci lancia un messaggio consolante. Che la forza sia con te!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:00