La politica smarrita nello smog

È ormai chiaro anche ai bambini che la politica italiana consiste ormai in una gara a chi le spara più grosse. L’ultima sparata, lo sappiamo bene, è di Beppe Grillo a proposito dei morti causati dallo smog: “Sessantottomila cadaveri su cui passeggiano incuranti Premier e ministri”.

Naturalmente, il calcolo citato dal leader del Movimento Cinque Stelle deriva da un dato Istat che indica in un aumento dell’11 per cento i morti in Italia di quest’anno rispetto al 2014 e lo scienziato Grillo ne ha immediatamente scoperto origini e responsabilità. Per che cosa? Per qualche voto in più, lo sappiamo. Anche se bisogna stare attenti a scherzare sui morti, molto attenti. Del resto, questa di chi le spara più grosse è un leitmotiv della politica nostrana, che si aggira a moscacieca nello smog, quello mentale. A quello naturale, all’inquinamento soffocante, la soluzione offerta dai sindaci, compreso il milanese Giuliano Pisapia, è lo stop alle auto. Cui ha subito risposto Matteo Salvini, definendola, col suo solito tocco lieve, una “cazzata”. Spara, Salvini, spara. Qualcosa prenderai, ma per fare che? Per andare dove? Con chi? Naturalmente il leader della Lega può dire e fare quel che vuole, compreso definire Matteo Renzi un “imbecille” (testuale), ma a che pro politico? La verità è che l’estremizzazione della conduzione politica è una derivazione non secondaria della sua personalizzazione, ma è anche e soprattutto un segnale della sua debolezza, dello smarrimento della strada maestra, persa nello smog della sparate e degli insulti.

Ma se grillismo e salvinismo si rivolgono a quella che si chiama la “pancia” della gente, parola onnicomprensiva con cui definiamo ogni sorta di populismo, resta da vedere e da capire il comportamento delle forze intermedie, non radicali, per dir così moderate. Al di là di quelle governative, fra cui spicca la stella di Renzi il cui luccichio è tuttavia annebbiato, più che dallo smog, dalla non risolta questione delle banche popolari destinata non soltanto a durare, ma a pesare sia sulla Boschi nonostante la prova ben superata in Parlamento, sia sullo stesso Premier che deve avere sottovalutato, nonostante la prontezza di riflessi onninamente riconosciutagli, un problema, anzi il problema della fiducia dei risparmiatori, ovverosia degli italiani, nella “propria” banca. Non si può accusare il governo di non aver previsto lo smog - che è un fenomeno globale e non solo cittadino - ma, semmai, di avere promosso una riunione ministeriale sull’ambiente proprio nei giorni clou delle polveri sottili, non prima dell’esplosione del fenomeno, peraltro previsto, ma nel pieno del suo svolgimento. In compenso, le altre forze moderate non hanno fortunatamente sbracato su un tema che meriterebbe approfondimenti e interventi su larga scala di cui lo stop alle auto nelle città è di certo una parte, ma non maggioritaria, come si sa. Il problema della maggiore di queste formazioni, parliamo di Forza Italia, è diverso, complesso, difficile, a volte impossibile e ciò nonostante i sondaggi che annunciano, al contrario, una possibilissima vittoria sulla sinistra, a condizione che rimangano uniti i partiti del centrodestra. Già, ma il punto dolente è sta proprio nel termine unità. Uniti si vince, ve lo ricordate lo slogan di ieri, di oggi e di sempre? Facile da dire, quanto a farlo, non pare così semplice, anzi. Tanto più difficile quanto più si notano divisioni non soltanto nelle coalizioni ma all’interno dei partiti stessi, e Forza Italia ne è la prima testimonianza.

La fine del “Nazareno” ha significato, essenzialmente, la fine di una politica senza che sia stata sostituita da un’altra, a meno che non ci si riferisca allo scatenato movimentismo di Salvini che proprio sul vuoto creato dalla fine del Nazareno ha basato la sua campagna aggressivamente micidiale a Renzi in concorrenza con Grillo, e lanciato un’Opa su Forza Italia. La quale, sembra resistere anche se è contagiata dall’estremismo verbale salviniano che sa parlare – soprattutto - alla “pancia” di FI che spesso e volentieri si lascia attrarre dalla gara a chi le spara più grosse. Che significa, infine, buttare tutto in rissa, cioè in vacca. E che non conviene affatto a Silvio Berlusconi. Se infatti la politica di FI dà e darà l’impressione di seguire a ruota l’urlo di Salvini, è molto probabile che l’elettore segua la voce del più forte, il tono dell’insulto, il tuono delle minacce. A parole, beninteso. Tanto tuonò che piovve. Che serve certamente alla caccia allo smog. Non sempre per quella ai voti.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 18:31