Milano: di sicuro  c’è solo Passera

Se uno va alla Esselunga - vicino a casa mia ce ne è una da sballo - gli capita di fare una fila, brevissima, e di ascoltare qualche commento non soltanto sul “che tempo fa a Milano” dove, peraltro, c’è il grigio nebiun che attutisce rumori e polemiche, ma soprattutto, e stranamente, qualche accenno alla politica locale. Ma non mutuandolo dai media sic et simpliciter, non arzigogolando su formule politiche e sindaco - godendo il primo cittadino di Milano di una speciale franchigia, a parte il traffico e gli immigrati del Giambellino o di un quartiere che sta dalla parte opposta – ma buttando lì parole, nomi, lasciando cadere domande persino alla cassiera che, pure, sorride ammiccando.

Cosicché succede di sentirsi chiedere “ma sta Balzani l’è de chi?”, cioè, è di Milano? Siccome al supermercato ci vanno prevalentemente le donne, il tono non è affatto inquisitorio ma di curiosità tipicamente femminile, tanto più che la Francesca Balzani è donna e, dunque, da nominare con una certa cortesia complice. Non stiamo raccontando una parabola e neppure una metafora. E non vogliamo neppure imbastire la consueta storytelling del sindaco uscente ma non entrante, delle primarie sì e, mi raccomando, aperte e della destra che si gira i pollici e della sinistra che non sa che pesci prendere dopo la riconferma di Sala. Il fatto nuovo sono due. La visita di Pisapia a Renzi, ma non da solo: con la Balzani, genovese, attualmente vicesindaco, ufficialissimamente candidata, da Pisapia, alle primarie prossime venture, più le seconde che le prime, non si sa mai.

Renzi voleva, e vuole, fortemente Sala senza ricorrere alle primarie, ma pare che abbia ceduto: primarie aperte, ha insistito Pisapia, anzi, apertissime, ha chiosato, bon gré mal gré, il Premier. L’incertezza continua, si capisce e la strada è in salita, a cominciare dalla sinistra dove la sinistra non è soltanto il Partito Democratico, dove c’è un Majorino che rappresenta quella corrente da cui s’è staccato Civati che insieme a Sel costituiscono un piccolo blocco elettorale, una volta sotto il nome di Arcobaleno di cui il sindaco uscente è stato creatore e utilizzatore battendo la Moratti. I gossipari in servizio permanente effettivo spettegolano sugli argomenti riservati del singolare summit di Palazzo Chigi a proposito del futuro di Pisapia che, invece, non ne sembra interessato preferendo il ruolo di regista della sua uscita, condizionando politicamente le primarie in nome della “continuità” della sua gestione, ora sotto il nome di Balzani la quale, come antipasto dello scontro fra candidati, ha infilzato il buon Sala con uno speciale pungiglione affibbiandogli il doppio marchio “vintage” e “tecnocrate”, così, tanto per ricordare ai compagni l’identikit politico-sociale del vincitore dell’Expo, proveniente ben oltre l’Era Moratti, su su verso la leggendaria Milano da bere che a lei, virago pugnace del nuovo che avanza, ricorda l’infanzia, con una nota di ineffabile tristezza, giacché lei è per la Milano da vivere, giammai scambiabile per un Cda, come vorrebbe invece il super manager Sala. Capirai che sforzo dialettico di argomentazioni.

Comunque si annunciano primarie ambrosiane, in un Pd che Renzi oggettivamente non controlla, al veleno e si dice che saranno per Sala un tritatutto, ma non è detto, essendone comunque il favorito anche in virtù dei difetti imputatigli dalla Balzani che sono, al contrario, pregi per un elettorato di centrodestra. Che, ahimè, è molto, molto ricco di candidati da bruciare piuttosto che da lanciare, benché il tempo potrebbe agevolarlo, wait and see, stando a vedere quanto accade nel campo avverso e poi decidere.

Chi invece ha deciso è Corrado Passera, l’unico, il solo candidato a sindaco, con tanto di programma ufficializzato l’altro giorno. Più sicurezza, più vigili urbani, più forze dell’ordine, più controlli in città e più lavoro. Del resto, quello della sicurezza come risposta alla paura, ingrediente non solo milanese ma di scala mondiale, è il cavallo di battaglia di Salvini, sfrenato nelle praterie dei talk-show con progetti e proposte alla Rambo, facili quando si è all’opposizione, un po’ meno quando si è al governo. Vero Maroni? Ma la proposta più degna d’attenzione di Passera riguarda il Comune di Milano, da strutturare in Città-Stato. Proposta non inedita, avanzata già dai tempi dei socialisti, ma importante e significativa di un tentativo di superare le chiacchiere trentennali sulla misteriosa città metropolitana. E specialmente in grado di investire Milano di un ruolo portante, autonomo e decisionale, come succede nelle grandi metropoli tedesche, le Città-Stato tipo Francoforte, ecc.. Un ruolo che ben si confà per la Milano economica, finanziaria, innovativa. Come la chiamava un grande poeta negli anni Trenta: Milano, la città più città d’Italia. Una Città-Stato, appunto.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:11