Politica estera? Indovinala Grillo!

Certo che la parola guerra è, di per sé, tremendamente impegnativa. E dire di farla, la guerra, lo è molto di più. Soprattutto se la parola esce dalla bocca di un capo di Stato o di Governo. Matteo Renzi, tanto per rimanere da noi, ne è ancora molto, molto restio. Si capisce. Nel senso che se ne intuiscono le remore, i freni, le prudenze, i rischi e le ritorsioni. E gli effetti collaterali come quelli libici dove l’allora capo del Governo partecipò, a malincuore, ai bombardamenti contro Gheddafi fortissimamente voluti ed eseguiti da Sarkozy, col risultato dell’invasione italiana di barconi di disperati. Invasione italiana, non francese. Per di più con una Libia in balia da allora di una sostanziale anarchia dove l’Isis cercherà di sistemarsi in una qualche cittadella da cui minacciare da vicino l’Italia. E allora...

Il punto dunque è il che fare, hic et nunc non solo perché l’Isis ci ha dichiarato guerra e la sta facendo, ma soprattutto la farà anche dalla “quarta sponda”. Siccome non si tratta più di rivangare responsabilità passate, compresi i ritardi più recenti, anche del nostro Governo, nell’affrontare decisamente l’affaire libico, bisognerà che anche il nostro Premier esca presto dal suo atteggiamento di dire e non dire che, peraltro, non è una novità in Italia, ma, semmai, una continuità politica che viene da lontano e che porta il sigillo della Democrazia Cristiana, da Fanfani a Moro ad Andreotti. Una tradizione che non ha mai nascosto gli interessi concreti della nostra economia nel mondo arabo ma che, tuttavia, non ha molto a che fare con il pacifismo delle bandiere arcobaleno delle quali, infatti, non se ne scorgono in giro molte testimonianze multicolori, a parte i soliti aficionados della pace senza se e senza ma.

Manca dunque un certo quid al nostro Premier. Aspettiamo e vedremo. Ma il tempo stringe. Molto diverso, invece, il “quid” che manca a Grillo ed a Casaleggio in questi frangenti con l’Europa messa a ferro e fuoco da lupi solitari feroci e assassini. Siccome è una questione diciamo così di politica estera destinata a durare negli anni, quello che più colpisce nell’atteggiamento del Movimento Cinque Stelle è la sostanziale assenza di una risposta politica al branco di criminali islamici. E ciò mentre i grillini ambiscono a governare, non Parma o Sedriano o Roma, ma l’Italia. La sensazione è che il movimento  di Grillo (da ieri  senza più il suo nome nel simbolo, et pour cause) non abbia una politica estera degna di questo nome, a parte il complottismo mondiale che i pentastellati accarezzano e frequentano insieme alle più stravaganti ipotesi che neppure il Mago Otelma avrebbe il coraggio di raccontare. Questo vuoto propositivo rilevato anche dalla loro “fuga” in questa settimana dagli ognor frequentati e pressantemente richiedenti talk-show - a loro volta niente affatto pressanti sul perché di una fuga così contrastante con la consuetudine quasi ossessiva dei grillini in video a urlare il loro fuck off che resta pur sempre la loro più vera idea fondativa - la dice lunga sulla stessa qualità e spessore della politica del M5S. Giacché quando la terra trema mentre arrivano i barbari sanguinari non bastano le risposte a battuta né le proposte vuote riempite da insulti agli altri e neppure, figuriamoci, le astrazioni di un guru come Casaleggio, che sarà pure un super intenditore ed esaltatore di web, sondaggi, network, quirinarie, streaming, ma, omettendo di ricordare a se stesso che una politica (estera) destinata a proiettarsi nei tempi lunghi contro una guerra che mette a repentaglio l’esistenza della nostra Nazione, più che di cyber, ha bisogno di coraggio, proposte, idee e fatti. Dove sono? Indovinala, Grillo!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:10