La trasparenza non si addice alla Chiesa

Sbaglia chi considera che la crisi in cui si trova la Chiesa sia la conseguenza dello scontro tra i modernizzatori raccolti attorno a Papa Bergoglio ed i conservatori decisi a difendere ad ogni costo i privilegi storici della Curia di Roma. Lo scontro esiste e non può essere sottaciuto. E si manifesta nelle maniere più inattese e devastanti per l’immagine del Vaticano. Ma ridurre tutto ad un contrasto tra innovazione e reazione, schierarsi da una parte o dall’altra delle forze in campo ed ipotizzare che la crisi della Chiesa si possa concludere con la vittoria di questo o quell’altro schieramento è totalmente fuorviante. Significa banalizzare con gli schemi più scontati della politica una vicenda che è molto più complessa e che si gioca su un livello del tutto diverso.

All’inizio dell’attuale pontificato uno dei cardinali più dichiaratamente innovatori e progressisti, proveniente dall’America Latina, ha proposto di rompere i privilegi antichi della Curia, quelli che sembrerebbero essere alla fonte degli scandali passati, presenti e futuri, dando vita ad una sorta di Avignone itinerante. Cioè facendo ruotare la sede papale e la sua struttura di governo da un Continente all’altro e da un Paese all’altro. Per dare la dimostrazione plastica e lampante che la Chiesa di Roma è la Chiesa del mondo. Ma anche, e soprattutto, per recidere i legami tra la Curia ed il contesto opaco in cui opera da sempre.

La proposta del cardinale sudamericano non ha avuto grande fortuna. Perché la Chiesa di Roma è per sua natura cattolica ed universale. E soprattutto perché, come insegna l’esperienza storica, spostare la sede papale significa riprodurre in ogni posto i privilegi di un governo che è fatalmente, proprio in quanto governo di uomini e di beni, portato a produrre privilegi ed a compiere peccati e, qualche volta o molto spesso, anche reati.

Il problema, in sostanza, è che la Chiesa cattolica è Spirito Santo e potere materiale. E che fino a quando le discrasie e gli effetti negativi dell’intreccio tra spirito e materia erano avvolti dal mistero, dal riserbo, dal silenzio, le crisi ricorrenti sono sempre state gestite e superate. Ma quando il mistero, il riserbo, il silenzio sono saltati in nome della difesa dell’innovazione o di quella dei privilegi, le crisi non si riescono più a tenere sotto controllo. Forse, per non lasciarsi travolgere dalla trasparenza della modernità tecnologica, ci vorrebbe più spirito mistico.

Quello di Francesco. Di Assisi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:15