La Corte Europea e i diritti demoliti

L’Europa che non c’è e che, forse, non ci sarà mai, siamo noi avvocati. Certo, non siamo i soli e abbiamo illustri compagni di viaggio, ma io sono scontento ugualmente e i motivi di inquietudine esistono eccome. Quando mi trovo ad esporre il mio disagio a persone che si occupano di politica, i miei occhi si infrangono inevitabilmente contro il muro (di gomma) di una indifferenza che scaturisce dall’assoluta irrilevanza elettorale del tema. Non porta voti; non da visibilità, troppo complicato da spiegare. Questo il ritornello che, per quanto inaccettabile, esprime appieno il cinismo concreto di chi siede in Parlamento. Ciò che riesce più difficile sopportare è, invece, l’indifferenza di molti confratelli, i quali continuano a pensare che l’Europa non si occupi di cose di giustizia. Al contrario, rispondo io: le apparenze ingannano, perché il vero braccio armato della Commissione europea non sono i tassi di interesse della Banca centrale europea, ma le sentenze che riducono lo spazio di protezione costituzionale dei singoli Paesi.

Riflettiamo. Chi, sol che disponga del minimo sindacale di capacità intellettuali e che desideri davvero vedere come va a finire, affiderebbe mai ad un Parlamento o ad un Governo la disciplina di una certa materia? Nessuno. Le pastoie interne sfinirebbero un cavallo da soma. Figuriamoci una seria ed articolata proposta di legge (che non porta voti a nessuno. A nessuno, questo è il punto!). La democrazia imporrebbe di affidare ai Parlamenti la legislazione, ma la tendenza è un’altra.

Allora, visto che da qualche parte si deve pure iniziare, l’avvio è dato da sentenze che, naturalmente, devono essere rispettate. L’edificazione della nuova Europa - quella dei bilanci in pareggio costante - passa attraverso la sapiente e certosina attività di demolizione da parte della Corte di Giustizia. Sì, demolire: ma che cosa? Non i principi finanziari e non le regole di governo (per quelle, paradossalmente, c’è sempre tempo), bensì l’area dei diritti. Un po’ di qui, un po’ di là, la riserva protetta dalle Costituzioni si riduce: dal fastidio, siamo passati alla cancellazione progressiva. Noi - che c’entriamo noi, dice qualcuno - assistiamo in silenzio, senza reagire. E dire che basterebbe poco, anzi pochissimo, per rimettere in piedi l’asta sulla quale si regge la bandiera dei diritti civili che ci rende, davvero, tutti europei. Basterebbe dire che anche la Commissione deve assoggettarsi alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e rispettare i diritti nella stessa previsti e che, secondo me, rappresentano la migliore tra le monete uniche spendibili.

È recente l’applicazione da parte Corte Suprema di Cassazione della decisione emessa nel mese scorso dalla Corte Europea di Giustizia in tema di prescrizione dei reati che offendono gli interessi finanziari dell’Unione. In sintesi ecco i termini della questione: la Corte Europea dice che il termine di prescrizione previsto dalla legge italiana in riferimento ai reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione - evasione Iva, per citarne uno - è ingiustificato e aggiunge che il giudice italiano è legittimato a disapplicare la legge. Quella stessa legge alla quale, per Costituzione, il giudice è soggetto. La Corte di Cassazione si è allineata: ha disapplicato una legge della Repubblica.

Da tempo in pochi cerchiamo di attirare l’attenzione sui rischi connessi al cosiddetto nuovo che avanza, vale a dire all’incidenza sul nostro sistema delle decisioni di Corti sovranazionali o dei vincoli imposti da altre istituzioni comunitarie. Mi piacerebbe tanto dire che la sovversione di alcuni principi, sui quali abbiamo faticosamente costruito le garanzie di noi tutti, crea aree di incertezza dalle quali non ci verrà alcun bene. Non lo dico. Sarebbe inutile.

Tuttavia è bene esprimere la mia profonda inquietudine e sollecitare una pronta e decisa reazione. Se il nostro Parlamento avesse un sussulto della dignità perduta, solleverebbe il conflitto di attribuzioni davanti alla Corte Costituzionale, ricordando a tutti - giudici compresi - che, fino a quando la Costituzione non sarà modificata, la materia penale è protetta dalla riserva di legge. Ai recalcitranti e agli ignavi che si annidano anche tra le nostre fila dico, pure, perché: perché nel nostro sistema, che già tanto potere attribuisce ai giudici, non possiamo affidare a questi ultimi anche il diritto di legiferare o di produrre norme con le loro sentenze. Noi non siamo inglesi o americani. Questo, non le sciocchezze che da anni sento ripetere, è il governo dei giudici: fanno tutto loro, senza controllo democratico e senza responsabilità.

Appresa la notizia della sentenza, a suo tempo ho avvertito i miei colleghi di essere in stato di agitazione: questa volta la impugno io, la Costituzione, ho detto. Li ho anche invitati a protestare. Ora, lo dico anche a chi non ha competenza giuridica, ma dispone del necessario buon senso e di sufficiente capacità per capire che così non va bene e che questa strada è molto pericolosa. La prescrizione non c’entra nulla nel mio discorso; c’entrano i principi di una Repubblica democratica e i diritti dei cittadini.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:13