Grecia, crisi, elezioni:  un libro per capire

Siamo alla vigilia delle elezioni anticipate in Grecia, che si terranno domani, domenica 20 settembre. Non si può trattare con leggerezza questo evento politico, anche se si compirà in un paese relativamente piccolo e periferico dell’Unione Europea. Al contrario: le urne di Atene riguardano tutti noi, contribuiranno a determinare, nel loro piccolo, il futuro dell’Unione europea. Per capire cosa sia in gioco, occorre tornare alle origini della crisi economica greca, capirne le cause e studiarne i possibili sviluppi. Il giornalista Matteo Borghi, in un agevole saggio, “La Grecia in crisi” (Istituto Bruno Leoni, Milano 2015, prefazione di Oscar Giannino), contribuisce a dipanare le nebbie che troppo spesso circondano il dibattito sulle convulsioni elleniche.

È ormai un luogo comune, soprattutto (paradossalmente) nel centrodestra italiano, considerare i governi greci come “vittime” delle politiche comunitarie e dell’eurozona, della finanza internazionale e della Germania. Ciascuno addossa le colpe all’avversario che preferisce, anche per proporre la sua ricetta per l’Italia. Dopo sei anni di crisi politica ed economica, la repubblica ellenica è allo stremo e su questo sono tutti d’accordo. Una aspetto su cui, però, la maggior parte dei commentatori tace, è l’immensa responsabilità della politica greca. Borghi si concentra soprattutto su questa, dimostrando come la “vittimizzazione” dei greci sia soprattutto un problema interno, non subito dall’Ue, dalla Germania o dalla cosiddetta troika.

In primo luogo, Borghi fa quel che tanti altri opinionisti dimenticano di fare: spiega quale fosse la (mala)gestione della cosa pubblica ateniese prima che la crisi si manifestasse. E non può che constatare quanto il collasso dei conti pubblici sia stato provocato da un’immensa spesa pubblica, sempre superiore al 50 per cento del Pil e perennemente in crescita. Non solo si è trattato di una spesa esagerata, che è andata oltre alle capacità dei contribuenti greci, ma anche di una spesa fortemente improduttiva, volta al mantenimento parassitario di una fascia sempre più ampia di popolazione. Questa è la causa prima dell’indebitamento di Atene, ben oltre i limiti previsti dai parametri di Maastricht e del contemporaneo crollo della produttività. La crisi non è iniziata dal nulla, non è dovuto a un gratuito “attacco speculativo”, ma alla mera insostenibilità del debito: nel momento in cui le agenzie di rating hanno incominciato a considerare il governo greco come un potenziale insolvente, creditori e investitori sono entrati in allarme. Quel che era risaputo e sussurrato, dal 2009 è diventato evidente: una crisi conclamata.

Matteo Borghi (da non confondere con Claudio Borghi, di idee diametralmente opposte) ripropone al lettore i numerosissimi episodi di corruzione, malversazione, appropriazione indebita di soldi pubblici da parte dei politici greci, i veri carnefici del loro popolo. Ma si sofferma anche sugli immensi difetti strutturali del sistema ellenico: un fisco esoso e regolamentato da circa 600mila leggi, una burocrazia bizantina, uno Stato talmente invadente e complesso che impedisce al normale imprenditore di aprire la sua attività, ma consente l’evasione fiscale (la più grande d’Europa) a chi se lo può permettere. Il ruolo della troika nella crisi è analizzato, ma da un punto di vista equilibrato: lungi dall’essere un direttorio di affamatori, il trio costituito da Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale, è stato comunque l’unico che ha cercato di tenere a galla la Grecia, fornendo prestiti a tassi agevolati e fuori mercato, il cui importo complessivo è di gran lunga superiori alla spesa pubblica che i governi ateniesi hanno tagliato o promesso di tagliare.

“La Grecia in crisi” è un manuale da consultare domani, in occasione delle elezioni, quando il Paese del Sud-est europeo deciderà ancora se votare un governo in rotta di collisione con i creditori europei o accetterà di rimandare alle calende greche una “rivoluzione” che finora non ha portato da nessuna parte: anche Tsipras, infatti, ha dovuto accettare le condizioni poste dalla troika, se non altro per mancanza di reali alternative. Ma è un manuale utile anche per noi. Perché, spiace dirlo, la Grecia siamo anche noi. O per lo meno: potremmo diventare qualcosa di molto simile. I difetti strutturali e il comportamento irresponsabile, tenuto in buona o mala fede dai governi greci, è molto simile a quello della nostra classe dirigente. Potremmo finire come la Grecia per gli stessi motivi: una burocrazia bizantina, un fisco esoso e complicatissimo, una spesa pubblica sempre maggiore e improduttiva, un sistema previdenziale che (proprio come quello greco) rischia di scoppiare. Capire le cause della crisi greca, in tempo utile, potrebbe salvarci.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:17