
Non è affatto detto che una eventuale bocciatura della riforma del Senato possa sfociare nelle elezioni anticipate. Matteo Renzi sta facendo di tutto per dare l’impressione di voler rompere e puntare al voto. Ma il suo è un atteggiamento che a molti appare strumentale. Il Premier sa bene che la stragrande maggioranza dei parlamentari di ogni partito, in particolare il suo, non vorrebbe andare alle elezioni per paura di non essere messi in lista e non essere rieletti. E batte sul tasto della possibile crisi per usare al meglio quell’arma della paura di perdere il posto che è il più forte collante della maggioranza ed il massimo elemento di tenuta della legislatura.
Ma, paradossalmente, è proprio la consapevolezza che la stragrande maggioranza dei deputati e dei senatori non voglia andare al voto anticipato che dovrebbe rendere spuntata l’arma di Renzi. Se c’è la volontà di salvare la legislatura vuol dire che una eventuale crisi di governo può benissimo sfociare nella formazione di un nuovo esecutivo.
Una considerazione del genere può apparire singolare n un sistema di premierato non dichiarato ma effettivo. Nei premierati se cade il capo del governo si torna al voto e basta. Ma il nostro è un sistema di premierato solo a parole e nell’immagine esterna. A dispetto della vulgata sull’“uomo solo al comando” il sistema è ancora fondato delle regole della democrazia parlamentare. Il che toglie qualsiasi automatismo all’ipotesi di crisi di governo destinata a sfociare nelle elezioni anticipate e rende inevitabile il passaggio all’esplorazione, in caso di caduta del governo sulla riforma del Senato, della possibilità di dare vita ad un diverso esecutivo capace di traghettare la legislatura fino alla sua conclusione naturale.
Nei settant’anni passati esempi di governi di transizione si sprecano. Ma chi l’ha detto che la crisi del governo Renzi dovrebbe portare a qualche Esecutivo “balneare” o “autunnale”, tecnico o comunque provvisorio e rabberciato?
Il Renzi-uno potrebbe anche lasciare il posto ad un Renzi-due. Ovviamente non più modellato come un monocolore Pd affiancato da cespugli ormai privi di foglie ma strutturato secondo la formula della grande coalizione sull’esempio tedesco. L’unica in grado di poter realizzare effettivamente le riforme istituzionali di cui il Paese ha bisogno! In questa luce, allora, la crisi non solo è possibile ma addirittura indispensabile!
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:17