Siria: la pentola che   scoppierà in Occidente

Dietro le buone opere compiute nelle ultime ore da “Santa” Angela Merkel, si cela una situazione che è sul punto di deflagrare. Conosciamo la storia recente della sfortunata terra siriana: un capolavoro di approssimazione e di demenzialità strategica dell’Occidente che ha portato alla crescita esponenziale del terrorismo jihadista riunito sotto le bandiere del sedicente Stato Islamico.

Dopo un periodo di stallo durante il quale i “grandi” del mondo si sono marcati a vicenda, la Federazione Russa di Vladimir Putin ha fatto la prima mossa schierando le sue truppe in Siria a sostegno dello stremato Bashar al-Assad, perché potesse continuare la guerra contro i terroristi che hanno conquistato gran parte del Paese. Probabilmente è stata una scelta obbligata dalla necessità di presidiare il campo delle trattive in vista di una transizione politica eterodiretta, dopo l’inevitabile uscita di scena del “ra’is” di Damasco. A quel punto, come per incanto, l’Occidente si ridesta e scopre che c’è un “problema Siria”. In successione: la signora Merkel si converte alla causa umanitaria decidendo di accogliere tutti i siriani in fuga; il presidente francese François Hollande, ricordando improvvisamente che la Francia in passato ebbe un ruolo in quell’area, dichiara di voler procedere, motu proprio, a un bombardamento su larga scala delle basi siriane dell’Is. A ruota, il premier inglese David Cameron, per non restare fuori dai giochi, si associa all’iniziativa francese, chiedendo di estendere l’intervento anche contro i trafficanti di esseri umani; l’amministrazione statunitense invece, ossessionata dalle mosse tattiche del Cremlino, pretende spiegazioni dalla dirigenza russa sull’iniziativa non concordata e, contemporaneamente, invita la Grecia a non concedere l’autorizzazione al sorvolo del proprio spazio aereo ai cacciabombardieri inviati da Mosca.

Comprenderete che in un verminaio così ingarbugliato, l’unica certezza è che l’Occidente rischia l’ennesima débâcle. Perché? Semplicemente perché non sa decidersi su chi siano i suoi reali nemici e quale ordine di priorità si debba dare ai target da colpire. In realtà, il vulnus della politica congegnata sull’asse Washington-Londra-Parigi-Berlino è tutto nel rapporto ambiguo con Mosca. Fin quando si percepirà la Federazione Russa come il nemico da battere, tutti coloro che si oppongono all’influenza dei cosiddetti Paesi sviluppati, in particolare gli integralisti islamici, avranno gioco facile contro questo Occidente confuso e debole. Un esempio? La crisi libica, colpevolmente relegata in surreali trattative di pace tra clan che si odiano, è praticamente scomparsa dai radar dei governi occidentali, eppure c’è ed è una minaccia concreta alla sicurezza europea in generale, italiana in particolare. In Ucraina, pur di contrastare le aspirazioni separatiste delle province filorusse del Donbass, le democrazie alleate dell’Ue e degli Usa consentono al governo di Kiev di impegnare negli scontri armati alla periferia di Mariupol terroristi ceceni del gruppo combattente “sceicco Mansur” dell’Is, inquadrato nel battaglione di volontari neonazisti “Pravij Sektor”.

È forse con tali comportamenti insensati che si pensa di tenere lontani dalle nostre case i peggiori nemici della civiltà occidentale? Oggi il mondo sviluppato sconta il suo deficit più grave: una classe politica assolutamente inetta e impreparata alle grandi sfide della storia. Se nelle cancellerie europee e alla Casa Bianca non metteranno piede statisti competenti e con le idee chiare, gli anni che verranno saranno infausti per tutti noi. In questo catastrofico scenario gli unici ad essere soddisfatti saranno gli utili idioti del multiculturalismo pacifista all’italiana. Si preparino allora ad accogliere festanti i tagliagole che sono appollaiati sul confine meridionale. Almeno i “buonisti” saranno felici di aver realizzato il sogno di un mondo senza frontiere.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:12