
L’umanità, quella che divide gli uomini dalle bestie, se vuole rimanere tale deve essere obbligatoriamente realista e lungimirante. Il Papa annuncia che ogni parrocchia, chiesa, convento o struttura religiosa, Vaticano compreso, accoglierà nel prossimo futuro una famiglia di rifugiati. L’annuncio ha subito prodotto un calcolo. Che ha stabilito come in Italia la Chiesa potrà assorbire almeno 108mila persone. Ma che potrebbe succedere se e quando questa cifra dovesse risultare inferiore alla richieste di accoglienza e di assistenza? E la stessa considerazione va posta per la scelta della Germania e dell’Austria di aprire le frontiere ai migranti che fuggono dalle guerre mediorientali ed africane e che cercano salvezza nei Paesi ricchi dell’Europa del Nord. Quanti immigrati possono assorbire le nazioni che oggi danno lezione di solidarietà e di umanità a quelle che chiudono le frontiere e si oppongono alle quote fisse?
Si dirà che la solidarietà e l’umanità non possono avere limiti. O ci sono o non ci sono. Purtroppo, invece, anche questi sentimenti nobili che distinguono gli uomini dalle bestie non hanno un valore assoluto ed una durata eterna, ma sono inversamente proporzionali alle conseguenze che producono. È probabile che la Chiesa italiana potrebbe ospitare non una ma almeno due famiglie di profughi per ogni parrocchia, convento e strutture varie. Ma che succederebbe se le famiglie in questione diventassero tre, quattro, cinque e la massa risultasse superiore al mezzo milione di persone? Lo stesso vale per gli Stati “umani”. Che oggi si impegnano ad accogliere fino ad un milione di uomini e donne, ma che sarebbero sicuramente costretti a rivedere la propria umanità se mai il flusso dei profughi dovesse arrivare a quattro, cinque milioni. Cioè al numero che è stato previsto poter arrivare in pochissimo tempo dalla sola Siria!
Valutare le conseguenze non immediate dell’accoglienza non è un comportamento da bestie. Perché queste conseguenze possono essere creazione di ghetti nelle grandi città europee, disoccupazione, tensioni sociali e, soprattutto, una ripresa di scontri e lotte religiose che l’Europa ha superato da tempo ma che è facile prevedere possano riprodursi ed espandersi senza sosta a causa della fede praticata dalla stragrande maggioranza di chi cerca rifugio nel Vecchio Continente. Non è politicamente corretto dirlo. Ma perché non prendere atto che i profughi sono tutti islamici?
L’esperienza ha dimostrato che i miti delle società multietniche e multirazziali sono irrealistici ed irrealizzabili. Soprattutto per quanto riguarda le comunità islamiche trapiantate nei Paesi europei. Una parte di queste comunità si laicizza e si integra, sia pure in tempi molto più lunghi di comunità segnate da altre fedi religiose. Ma una minoranza, proprio a causa delle difficili condizioni sociali in cui si trova a vivere, non si laicizza affatto. E, anzi, vede la sua unica possibilità di riscatto nella radicalizzazione della propria fede islamica e nel rifiuto totale della società in cui è inserita.
Chi ha la responsabilità di governo deve tenere conto dei pericoli che possono essere provocati dalle buone intenzioni. Non farlo non è un segno di umanità, ma solo di un’assenza di lungimiranza tipica di quell’ottusità che produce solo disastri e tragedie.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:13