Eutanasia, diritto naturale inviolabile

Corte d’appello, Cassazione, Corte costituzionale, Procura generale della Corte d’appello, Governo, Parlamento, Presidente della Repubblica. Sono dovuti intervenire tutti i massimi organi dello Stato, i tre supremi poteri: legislativo, esecutivo, giudiziario, perché un essere umano potesse esercitare il diritto di morire in pace. L’eutanasia è il fondamentale, primordiale, diritto naturale esercitabile dagli esseri umani. Infatti l’individuo non ha alcuna possibilità d’influire sulla nascita, che dipende in ogni senso da altre persone. Mentre è, non può non essere, il padrone assoluto della sua fine, quando la sua morte può essere determinata da lui stesso.

La ripugnanza di certuni verso l’eutanasia poggia sull’equivoco. Eutanasia propria o altrui, questo è il discrimine. Il diritto ad una buona morte è connaturato alla vita, se parliamo dello stesso individuo. L’eutanasia del terzo deve essere proibita quando infranga il divieto di uccidere, se chi la pratica non agisce come mero strumento dell’esplicita volontà e delle dichiarate istruzioni del morituro. Il problema sta negli accertamenti e controlli, non nell’essenza dell’atto. L’individuo che si dà la morte con le proprie mani o per mani altrui, nel caso in cui sia invalido allo scopo, danneggia solo se stesso, sebbene egli ponga fine ad una vita che non gli appare più né il sommo bene né un bene degno d’esser conservato. La rinuncia alla vita non solo è un diritto, ma non è neppure un male, se il rinunciante non nuoce agli altri. In senso giuridico, in senso morale, egli compie un atto irreprensibile, qualunque ne sia il motivo: coraggio, paura, disperazione, dolore, fermezza. Nessuno, che sia sano di mente, approverebbe il medico che fornisse ad un demente il veleno per suicidarsi. Ma nessuno, se non un pazzo, condannerebbe il digiuno di Gandhi e pretenderebbe di nutrirlo a forza. La teologia ha tutte le ragioni di affermare che la vita umana è sacra. Ma sbaglia nel sostenere che l’individuo non abbia ricevuto da Dio anche la potestà di porvi fine quando il protrarla gli sia penoso. Se Dio è Amore, qual è nelle vere teologie e nelle religioni che conosciamo, deve aver donato all’essere umano la libertà di sottrarsi alla sofferenza, scegliendo come e quando porre fine alla propria vita degenere. Dio non può compiacersi di veder patire le sue creature contro la loro volontà. Il caso che ha innescato una tale guerra politica contiene due questioni, che sono state confuse per insipienza o per malizia. La prima è se la persona avesse davvero espresso la volontà di esser lasciata morire, nelle circostanze date. La seconda è se la stessa avesse il diritto di esprimerla e di vederla eseguita. I due “partiti” non coincidono, all’evidenza. Tuttavia il cosiddetto “partito della vita” gioca sul terribile fraintendimento circa l’alimentazione. Sia o non sia da considerare un medicamento, somministrare nutrimento a chi ha rifiutato di vivere costituisce una sadica crudeltà, perché cozza contro la sua legittima volontà e perché gli prolunga una condizione di vita che egli pretende a buon diritto d’interrompere.

La Costituzione italiana contiene ben poche disposizioni direttamente prescrittive, e men che meno sulle libertà fondamentali. Eppure proprio in questa materia fissa due norme encomiabili a difesa della libertà personale: nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per legge e la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Questo “divieto alla legge” di violare la dignità umana dovrebbe far tremare i polsi al Parlamento e fargli chinare il capo di fronte alla Costituzione. Altro che abilitarlo a legiferare su come e quando un individuo debba morire. Il giudice dei “limiti imposti dal rispetto della persona umana” (articolo 32 della Costituzione) è la persona stessa, non solo perché la dignità rientra nella sfera assoluta dei “diritti inviolabili dell’uomo” (articolo 2 della Costituzione), ma anche perché l’apprezzamento circa ciò che sia o non sia dignitoso od in che misura sia inaccettabilmente indegno spetta soltanto alla persona la cui dignità è in discussione, giammai alla politica, alla burocrazia, ai medici stessi.

La propria eutanasia è un diritto naturale degli individui, perciò inviolabile ed assoluto. Il testamento biologico può consistere soltanto nel facilitarne l’esplicitazione e l’esercizio.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:09