I migranti e l’ottusa paura di Usa e Ue

La favola del bambino e del re nudo si ripete. E questa volta il compito di rompere il muro dell’ipocrisia e di svelare la verità cade sulle spalle del dodicenne siriano dai grandi occhi spauriti che sui binari della stazione ungherese dove deve salire su un treno che lo porterà in un centro d’accoglienza, pronuncia una frase folgorante: “Se l’Europa fosse andata in Siria, i siriani non sarebbero oggi costretti ad andare in Europa”.

Ora tutti definiscono un grande passo in avanti sul tema dell’immigrazione il fatto che la Merkel e Hollande siano tornati a comportarsi come i diarchi del Vecchio Continente abrogando di fatto gli accordi di Dublino e fissando sanzioni per quei paesi della Ue che non accoglieranno quote di migranti. Ma il vero passo in avanti verso non la soluzione ma almeno la comprensione del problema immigrazione è rappresentata dall’affermazione ingenua ma profondamente realistica del ragazzino siriano destinato a un centro di accoglienza ungherese. Se Usa ed Europa fossero intervenute in Siria all’inizio della guerra civile, non importa se per sostenere Assad o per determinarne la caduta, non ci sarebbero state duecentocinquantamila vittime nei massacri tra le fazioni in lotta e non ci sarebbero cinque milioni di siriani decisi a riparare nei Paesi europei della pace e del benessere per sfuggire al destino di disperazione e di morte che li attende in patria.

Ma il Presidente degli Usa, Barack Obama, che pure aveva benedetto la guerra lanciata da Francia e Gran Bretagna contro la Libia di Gheddafi, non ha preso neppure in considerazione l’ipotesi di intervenire in qualche modo in Siria. La sua politica mediorientale era ispirata alla negazione del principio interventista seguito dal suo predecessore repubblicano, Bush. E quella ispirazione ha seguito fino in fondo lasciando l’Iraq nella guerra tra sunniti e sciiti ed evitando accuratamente che un solo soldato americano mettesse piede nel deserto siriano. A loro volta i governi francese ed inglese, reduci dall’impresa neo-colonialista che ha prodotto il caos in Libia, non hanno trovato alcun interesse ad occuparsi delle vicende di un Paese di cui avevano tracciato i confini all’inizio del secolo scorso e su cui avevano esercitato per decenni una sorta di evidente protettorato.

Usa, Francia, Gran Bretagna, con la benedizione della Germania della Cancelliera Merkel, hanno pensato bene prima di alimentare la cosiddetta “Primavera araba” per perseguire ciascuno i piccoli o grandi interessi nazionali. E poi, di fronte al disastro provocato dalla loro azione dissennata, si sono ritirati ciascuno dietro i propri confini ad occuparsi delle questioni interne ed infischiandosene della sorte delle popolazioni della sponda meridionale del Mediterraneo. I milioni di profughi che fuggono dalle guerre civili dei propri martoriati Paesi sono vittime della ottusità del governo americano e dell’ignavia e della paura di quelli europei. Ora, questi ultimi, pensano di risolvere il problema dei migranti fissando multe ai Paesi Ue che non li accoglieranno nelle quote fissate dall’asse Merkel-Hollande.

La loro non è una scelta di apertura e di umanità ma sempre ed ancora di più di cecità e di mancanza di coraggio. Che si scaricherà sulle spalle fragili di quel ragazzino siriano e di tutti i suoi disperati compagni di esodo!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:13