“Corridoio” migranti, vicolo cieco d’Europa

Due format televisivi incarnano inequivocabilmente il messaggio di come l’Occidente cristiano-protestante (calvinista, luterano, anglicano...) intenda difendersi dall’invasione africana e dalla presumibile vendetta dei poveri nei riguardi dei cosiddetti Paesi ricchi.

Il più importante è “Airport security”, mentre l’altro è suddiviso in vari programmi televisivi che raccontano le cronache di come le forze dell’ordine diano la caccia a chi pratica abusivamente professioni e mestieri. Vengono trasmessi su Sky, Cielo e Dmax. Raccontano come in Australia e Canada gli agenti delle dogane sbarrino la strada a chi si finge turista per cercare lavoro (vengono tutti regolarmente rimpatriati): in Australia e Canada per svolgere un qualsivoglia mestiere c’è la necessità di munirsi del permesso di un ufficio governativo; lo straniero colto anche solo a spazzare o potare una pianta senza autorizzazione dello Stato viene colpito da fermo di polizia ed instradato verso il Paese d’origine. Altri programmi (tutti in lingua inglese, alcuni anche in tedesco e francese o lingue scandinave) ci raccontano di come agenti governativi (fisco e lavoro) identifichino quotidianamente chi viene colto a potare alberi, smontare vetture, verniciare, lavorare legnami, praticare massaggi... chi in regola può continuare a lavorare, diversamente, in meno di ventiquattr’ore, si ritrova su un vettore (aereo o nave che sia) per il proprio Paese d’origine.

L’Australia da questo punto di vista è il Paese con più restrizioni: basti pensare al caso della donna italiana che, raggiunta dalla notizia dell’eredità di un suo parente italo-australiano, si era dichiarata disponibile a trasferirsi nel Queensland o giù di lì. L’ufficio governativo australiano informava l’ambasciata che non c’era alcun problema, ma lei non poteva trasferirsi in Australia per lavoro, quindi l’Australia rifondeva alla donna (e sul suo conto italiano) sia il valore dei beni immobili del parente estinto che gli interi depositi bancari. Oggi per un non australiano è quasi impossibile acquisire terre e case nel Paese dei canguri. Mentre l’Italia è tutta in vendita, ed è inutile continuare a ripeterselo.

Ma il vero problema è che l’Italia si sta trasformando nel terminale sia di chi sbarca lungo le coste che di tutti i lavoratori extracomunitari che irregolarmente lavorano in Germania, Francia, Belgio, Olanda, Danimarca, Svezia, Svizzera, Austria, Norvegia... Agenti in borghese fermano quotidianamente migliaia di extracomunitari intenti a svolgere qualsivoglia attività: l’80 per cento dei lavoratori abusivi viene instradato nel Belpaese, un ulteriore 20 per cento suddiviso tra Grecia, Spagna e Bulgaria. Ergo, raggiunge l’Italia la fetta più grossa di extracomunitari non in regola con i documenti. Fino ad un paio di anni fa era più semplice per un cittadino extra-Ue riuscire ad inserirsi lavorativamente tra nord e centro Europa, bastava che s’imbattesse in un imprenditore disposto a contrattualizzarlo pagando ogni onere ed assicurazione. Oggi la stretta è micidiale, in Paesi come il Regno Unito, la Danimarca o la Germania c’è bisogno che ogni lavoratore possa certificare attraverso la previdenza le proprie esperienze di lavoro, il proprio curriculum, quindi che disponga dei titoli necessari (quindi di formazione) per svolgere qualsivoglia attività, dall’ingegnere al manovale. E le sanzioni per chi fa lavorare abusivamente un extracomunitario sono davvero salate, in Gran Bretagna l’ammenda viene pagata a cospetto del magistrato ed è prevista anche la sanzione penale.

Con la cintura doganale, disposta da Francia, Svizzera, Slovenia e Croazia, più che di corridoio umanitario è oggi il caso di parlare di vicolo cieco: fino ad ottobre inoltrato sono previsti circa un milione di arrivi via mare, a cui si aggiungeranno alcuni milioni di lavoratori abusivi instradati verso l’Italia da tutta l’Ue. Intanto qualcuno ci rammenta i tempi in cui certe sinistre progettavano leggi che premiassero le aziende che assumevano extracomunitari. Tempi lontani, specie se si considera come questa situazione trasformerà l’Italia in un campo di battaglia tra disoccupati nostrani ed extracomunitari. A noi italiani è certo possibile viaggiare in tutta l’Ue, ma se cercassimo lavoro oltre confine toccherebbe anche a noi certificare ogni pelo del nostro curriculum vitae. Si sa che l’Italia è la patria dei lavoratori in nero. Ma attualmente polizie locali, Fiamme gialle e ispettori del lavoro pare stiano controllando (e sanzionando) solo gli italiani pizzicati a svolgere abusivamente prestazioni occasionali (officine e laboratori abusivi, pitturazioni, sostituzioni di sanitari...). Beccarli è anche facile, agli agenti della polizia locale (gli ex vigili) bastano gli appostamenti dinnanzi alle isole ecologiche, dove normalmente si recano i maldestri per consegnare vasi, bidet e sanitari vari: il malcapitato italiano viene fermato e costretto a dichiarare l’origine dell’elemento da bagno, poi scattano accertamenti e verbali. Più semplice la sostituzione di finestre e serrande, che generalmente vengono smaltite o rivendute presso i commerci di “materiali ferrosi”. In genere il lavoratore abusivo italiano si giustifica con un “ma sono disoccupato, dovrò pure mangiare, ho famiglia”. Il braccio violento della legge si scatena, il disoccupato risponde, quindi scatta l’arresto per resistenza a pubblico ufficiale: nell’ultimo triennio, e nella sola città di Roma, sono aumentate del 60 per cento le denunce di disoccupati colti a svolgere attività abusive, e del 50 per cento in più gli arresti degli stessi per resistenza a pubblico ufficiale.

Una vera e propria guerra, a cui si somma lo scontro tra poveri nelle periferie, dove i disoccupati italiani contendono ormai il lavoro agli extracomunitari. Ma tutta questa situazione sfugge (o viene volutamente ignorata) alla signora Cécile Kyenge (europedutato Pd ed ex ministro) come a David Parenzo, anzi entrambi in una puntata di “In Onda” su La7 hanno sostenuto che tutto questo flusso incontrollato di irregolari ci porterebbe ricchezza. Non paghi della cialtronata, hanno persino mostrato una tabella in cui si sosterrebbe che i romeni e gli albanesi concorrono rispettivamente per 6,4 e 2,4 miliardi di euro al nostro Prodotto interno lordo: in pratica hanno dimenticato che Romania e l’Albania sono nell’Ue, e che in entrambe le nazioni non gradiscono i nuovi sbarchi di extracomunitari. Oggi molti imprenditori italiani hanno aperto aziende di trasformazione sia in Albania che in Romania, i rispettivi governi hanno agevolato le imprese a patto che assumessero i locali e con contratti in pieno rispetto delle norme Ue. Anzi, a seguito del muro anti-immigrazione eretto tra Serbia ed Ungheria, i Paesi Ue dell’ex Patto di Varsavia hanno iniziato il loro giro di vite sull’immigrazione clandestina: Polonia, Ungheria e Romania stanno adottando le stesse misure di espulsione della Gran Bretagna.

“Extracomunitari come risorsa” rimane certo l’adagio di Caritas e Sant’Egidio, e perché ben sappiamo come queste strutture contendano ai vari Buzzi la gestione dei quattrini per l’accoglienza. Oggi la macchina dell’accoglienza e del soccorso in mare è per tre quarti sulle spalle degli italiani. E con tutta questa zavorra c’è Renzi che avvista fantomatiche riprese, favoleggiando abbassamenti di tasse ed assunzioni a strafottere. Sorge il dubbio che questo Governo sia l’anestetico per non farci reagire, per accettare la povertà diffusa, un generalizzato percorso di esclusione sociale per gran parte del ceto medio. Oggi regna un Papa che vede nella povertà un dono, uno stato di grazia. Quindi c’è un Premier che dice che “va tutto bene”. C’è una sorta di comunione d’intenti. Non ci resta di augurarci che le pecore si trasformino in lupi, poco persuadibili da certi esempi francescani.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:09