
Fare dell’Italia un enorme accampamento (almeno lungo le fasce litoranee e plaghe pianeggianti), ergerla ad ostello d’Europa, pensare allo Stivale come territorio devoluto alla solidarietà, una sorta di deposito umanitario dell’Ue... questo è il futuro prossimo del Belpaese, e la Conferenza Episcopale Italiana (Cei) lo sa benissimo. Lo sanno benissimo anche le altre nazioni europee, che ben presto attrezzeranno lungo i confini italiani una sorta di filtro, sul modello di quello che campeggia a Calais, all’imbocco del tunnel per la Manica. Una visione oscura, apocalittica e fantascientifica? Di questi ghetti il mondo occidentale ne ha visti, costruiti e progettati da sempre. Certo, sarà davvero difficile conciliare questo futuro con l’Italia del turismo, degli investimenti alberghieri, delle amene località rivierasche, dei musei aperti giorno e notte. In Italia ci si giungerà sempre più per sfuggire ai mille volti dell’Africa. Questo all’Ue va anche bene, a patto che i profughi non contaminino con la loro presenza la parte ricca dell’Europa. La gran parte degli italiani è ormai cosciente di questa deriva. Così, chi ha le mani libere e qualche soldo in tasca è già migrato. Circa cinque milioni di italiani hanno abbandonato definitivamente il Paese, il loro posto è stato preso da altrettanti extracomunitari. Con buona pace di monsignor Nunzio Galantino, le politiche migrazionali hanno già varato la snazionalizzazione dell’Italia.
Anzi, si può ben notare come oggi convergano le finalità di un cosmopolitismo illuministico (sposato in pieno dal comunismo) e quelle del solidarismo pauperista di radice cristiana (francescano per intendersi). Oggi le correnti giusnaturalistiche di Ugo Grozio e Samuel von Pufendorf, che sostenevano quanto l’ordine universale e naturale degli individui potesse travalicare patrie e nazioni, si sposano alla perfezione con gli intenti di Papa Francesco, che equipara la non accoglienza universale ad un atto di guerra. “Poiché l’uomo è cittadino e abitante del mondo, spirito errante di collaborazione e solidarietà sociale”, dicono tutti loro. A questa filosofia si abbevera l’antipatriottismo, che nasce specificatamente dal “cosmopolitismo settecentesco”. E si ritrova a pieno nella critica del concetto di patria. Nell’Enciclopedia, Voltaire scrisse a proposito di patria che si tratta di “fanatisme du patriote”. Cioè che la patria sarebbe espressione di fanatismo, alimentata dalle velleità politiche del patriota, cioè di colui che usa ogni forma di violenta prevaricazione per difendere un territorio che invece sarebbe di tutti gli uomini. Nel XVIII secolo il concetto di patria non era connesso all’appartenenza ad una nazione, esprimeva semplicemente l’insieme degli interessi individuali. Col tempo il cosmopolitismo si opporrà al cosiddetto “fanatismo nazionalistico”. Paul d’Holbach dirà che “al patriota viene confezionato un ideale che raffigura tutti gli altri uomini come suoi nemici, mentre al cosmopolita non interessa che la sua patria sia più o meno estesa, più o meno povera”.
In nome del cosmopolitismo si sono consumate le snazionalizzazioni nell’ex mondo comunista, e perché contadini ed operai non si legassero a terra, casa, amori... ma solo al lavoro per il bene della classe operaia. I cosmopoliti considerano tutti i popoli della terra come rami di un’unica famiglia, e l’universo uno Stato nel quale essi si trovano insieme ad altri innumerevoli concittadini per promuovere la perfezione del tutto sotto le leggi universali della natura: finito il comunismo (pardon, il socialismo reale) sono tornati in auge i cosmopoliti e si sono alleati ai pauperisti cristiani.
Il problema europeo di oggi è la divisione tra il fronte cosmopolitico-pauperista (anima Vaticano e sinistre politiche d’Italia, Spagna e Grecia) e la ricca Europa in cui regna la filosofia di Fichte senile, quando ebbe a teorizzare il nazionalismo tedesco. Ne deriva che l’Italia diverrà terra di scontro tra due visioni del mondo, certi che per le normative Ue nessuno di coloro che sbarcano verrà premiato da un contratto di lavoro in Germania come in Francia, ed in Inghilterra come in Olanda, Belgio, Ungheria.
Oggi l’italiano subisce sia la pressione demografica da migrazione che i disservizi dovuti ai costi delle politiche d’accoglienza. La città che maggiormente verrà soffocata da questi fenomeni cosmopoliti è Roma, dove il conciliabolo catto-comunista ha già progettato un nuovo “Giubileo”. Così il Pontefice ha detto al sindaco Ignazio Marino che gli investimenti comunali in trasporto pubblico e infrastrutture sarebbero insufficienti per una fiumana oceanica di fedeli. Marino ha subito dato ascolto al Papa, mentre aveva fatto orecchie da mercante quando i romani chiedevano autobus più efficienti. Piccolo particolare, il Comune di Roma ha le casse vuote, così un gruppo di tecnici è già al lavoro sul ritocco di aliquote (tasse) per pagare il Giubileo del Papa.
I cosmopoliti governano l’Italia, e questo rende più facile la creazione dell’enorme accampamento. I media ci parlano di quanta solidarietà avrebbe ricevuto monsignor Galantino, e ci enumerano quanti vip del salotto solidale avrebbero condannato le parole di Matteo Salvini della Lega. Sorge il dubbio che l’uomo della strada la pensi proprio come Salvini, per questo i cosmopoliti non vi vogliono mandare a votare.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:12