
Rosario Crocetta è un pessimo Governatore della Sicilia. E andrebbe al più presto sostituito con il riscorso ad elezioni anticipate nell’isola. Ma nella vicenda della intercettazione dell’ignobile frase attribuita al suo medico personale, Matteo Tutino, è solo una vittima della gogna mediatica prodotta dai giochi indegni che troppo spesso vengono realizzati sulle intercettazioni telefoniche raccolte nell’ambito di inchieste giudiziarie. Quando Crocetta afferma di essere oggetto di un complotto ha perfettamente ragione. Ma i complottisti non sono i giornalisti che hanno pubblicato le intercettazioni di Tutino. Sono quelli che hanno approfittato di una legislazione demenziale che non prevede la distruzione delle intercettazioni prive di qualsiasi rilevanza penale nelle indagini. E hanno usato la stampa come terminale di un disegno teso a riempire di discredito il Governatore siciliano per provocarne la rovinosa caduta. Di chi sono le “manine” o le “manone” che hanno compiuto questa operazione? La magistratura indagherà, ma è difficile che riuscirà ad identificare il responsabile del piano anti-Crocetta. La filiera di chi opera sul terreno delle intercettazioni, da chi le ordina a chi le realizza, è lunga. E fino ad ora nessuna azione giudiziaria ha avuto buon esito su un terreno che andrebbe bonificato da una legge apposita.
Il caso Crocetta, allora, ripropone con forza il problema di una nuova normativa sulle intercettazioni capace di ridurre (eliminare è praticamente impossibile) il fenomeno della gogna mediatica prodotta dall’uso spregiudicato delle inchieste giudiziarie. Ma pone con forza addirittura maggiore una seconda e più grave questione. Quella della mafia dell’antimafia che sembra essersi creata sotto la sua amministrazione.
Quest’anno i figli di Paolo Borsellino non parteciperanno alle commemorazioni ufficiali della strage in cui perse la vita il padre insieme alla sua scorta. Hanno compiuto questa scelta per non trovarsi a fianco di chi ha usato la lotta alla mafia come uno strumento per la propria affermazione personale. Non vogliono, in sostanza, confondersi con i professionisti dell’antimafia. Quelli che predicano bene come fa Crocetta insieme ai suoi amici ma razzolano decisamente male, come fa lo stesso Crocetta sempre con i suoi amici più stretti.
Può sembrare singolare che i figli di chi venne accusato di essere un professionista dell’antimafia (ma poi Sciascia chiarì che non voleva contestare la persona di Borsellino ma solo denunciare l’avvisaglia di un fenomeno generale) sollevino una questione del genere. Ma se sono proprio loro a farlo vuol dire che il fenomeno ha superato da tempo il livello dell’avvisaglia e si è esteso e consolidato in maniera devastante ed opprimente.
Crocetta, con i suoi amici Ingroia e Lumia, ha combattuto o favorito la mafia dell’antimafia, quella che ha spinto Lucia Borsellino alle dimissioni da assessore regionale e che impone a lei ed a suo fratello di disertare le celebrazioni ufficiali della strage di via D’Amelio? La risposta è nei fatti. Ed è per questo, solo per questo, che Crocetta farebbe bene ad uscire di scena.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:15