
Milano è alle prese con il dopo-Expò, che rischia di essere lasciato all’improvvisazione e che invece rappresenta il futuro per la città. Roma è alle prese con il pre-Giubileo, che potrebbe costituire un’incredibile occasione per il rilancio della Capitale se solo venisse preparato per tempo. Ma mentre i problemi incombono, le giunte comunali di Milano e Roma perdono i pezzi. Sotto la Madonnina c’è la fuoriuscita della vice sindaco Ada Lucia De Cesaris e l’inizio di una feroce battaglia tra i tanti esponenti del Partito democratico che puntano a diventare il successore di Giuliano Pisapia dopo le elezioni amministrative della prossima primavera.
A Roma la situazione è molto più grave. Perché le dimissioni del vice sindaco Luigi Nieri sono arrivate dopo le defezioni di mezza giunta comunale imposte dagli sviluppi dell’inchiesta “Mafia-Capitale”. E perché il Campidoglio risulta di fatto semi-commissariato anche se il ministro dell’Interno deve ancora pronunciarsi sul commissariamento definitivo e nessuno pensa sia opportuno andare avanti con questa procedura esponendo la città al ludibrio internazionale.
La Capitale reale e la Capitale morale del Paese sono di fatto paralizzate. E lo sono per una infinità di ragioni che dipendono tutte dal vuoto politico che nel corso degli anni si è determinato all’interno delle due città. Le cause di questo vuoto sono molteplici ed è inutile andarle ad enumerare in questo momento. Più importante, invece, è porre il problema immediato di come colmare il buco nero dell’inefficienza della politica per trovare una qualche risposta ai giganteschi problemi incombenti. Problemi che non sono solo di Roma e Milano ma che, proprio perché si tratta delle due Capitali, riguardano l’intero Paese.
È singolare che nel Paese delle emergenze continue che riguardano ogni genere di questioni a nessuno venga in testa di sollevare il problema dell’emergenza nella vita pubblica. Eppure questa emergenza esiste e va affrontata non solo con la denuncia, che può far comodo alle forze d’opposizione, ma anche con l’indicazione di soluzioni destinate a coinvolgere o tutte le forze in campo o quella parte di società civile che fino ad ora non è stata coinvolta nelle vicende politiche e nella gestione delle amministrazioni cittadine.
In un sistema democratico l’emergenza politica si affronta in un solo modo. Con il passo indietro di tutte le forze politiche dalle loro posizioni di comodo, al governo o all’opposizione, e con un’assunzione collettiva di responsabilità aperta necessariamente al contributo delle riserve di credibilità e di autorevolezza presenti nel contesto cittadino. Non si tratta di un’impresa facile. Ma si tratta di un’operazione indispensabile di salute pubblica. Fuori di questo tipo d’emergenza c’è solo l’avventurismo e l’irrisolvibilità dei problemi reali.
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 17:55