Rapine in banca legalizzate

I cittadini devono sapere che le rapine in banca stanno per diventare di due categorie: quelle vecchio stile, un delitto, e quelle all’“europea”, legalizzate. Le prime vengono commesse, come sappiamo, nei modi più diversi, ma sempre con la violenza e l’intimidazione; le seconde saranno (speriamo ancora di no!) uguali dappertutto, senz’armi, automatiche, per ordine interno del banchiere stesso. Nel quasi generale silenzio la legge comunitaria, che recepisce le direttive europee, introduce nella legislazione italiana il prelievo forzoso sui conti correnti in caso di dissesto bancario. Ciò in barba alla Costituzione ed al Codice civile.

Come accade ormai sempre più di frequente, il prelievo viene edulcorato con l’espressione inglese “bail-in”, contrapposta a “bail-out”. Che significa? Fino ad oggi il salvataggio di una banca fallita o sull’orlo di fallire veniva effettuato dall’esterno, cioè dalle casse pubbliche. Dal gennaio del 2016, quando una banca salta, il conto non sarà più pagato dallo Stato, ma, sentite bene, dagli azionisti, obbligazionisti, e correntisti della stessa banca. Una rivoluzione, è stato detto. Una rivoluzione, per davvero. Una rivoluzione che viene compiuta nella pressoché totale ignoranza del popolino semplice dei milioni di risparmiatori, ai quali, siamo sicuri, nessuna banca ha intenzione d’inviare sùbito una bella lettera per metterli sull’avviso di cosa potrebbe succedere. Con il passo felpato che è proprio dei banchieri in generale e dei banchieri centrali in particolare, il governatore di Bankitalia ha avvertito che le banche “dovranno adottare un approccio nei confronti della clientela coerente con il cambiamento fondamentale apportato dalle nuove regole, che non consentono d’ora in poi il salvataggio di una banca senza un sacrificio significativo da parte dei suoi creditori”. Dunque il depositante, se la banca fallisce, sarà garantito fino a 100mila euro. Oltre, dovrà contribuire al salvataggio, e i soldi gli verranno tolti “pro quota”, per così dire.

Ciò che indigna è l’accettazione rassegnata con cui l’operazione viene compiuta e la sua, presunta e apparente, normalità. Si tratta, comunque, di un’appropriazione indebita sancita da una legge in frode alla Costituzione, al diritto, alla morale. Sappiamo che l’Italia nell’Ue ha ceduto spicchi di sovranità consentiti costituzionalmente in condizioni di reciprocità. Ma qui è sicuramente incostituzionale ed immorale che un incolpevole, forse addirittura ignaro, depositante contribuisca a risanare una banca dissestata da quelli ai quali ha affidato fiduciariamente i suoi risparmi. Si tratta di un esproprio senza indennizzo perché il deposito resta proprietà del depositante, che non ha la benché minima possibilità reale di conoscere e verificare la gestione della banca. Se la funzione creditizia è avocata al sistema finanziario degli Stati e dell’Unione, questo sistema deve risponderne, non i beneficiari che vi si affidano perché lo garantisce. “Cuius commoda, eius et incommoda!”. Le banche, sebbene società per azioni, non scelgono ma sono scelte dai clienti che forniscono la materia prima dell’impresa. Chi ama l’Europa non deve essere forzato ad ingoiare rospi troppo grossi anche per il più focoso amante.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:15