
Il centrodestra rialza la testa e l’allegra compagnia renziana corre ai ripari. La strategia a cui pensano al Nazareno è sempre uguale: riconquistare il terreno perduto avvelenando i pozzi degli avversari. Come? Lo ha spiegato il senatore Nicola Latorre, testa pensante del renzismo, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera.
Secondo il navigato politico pugliese, il Governo, per assicurarsi la sopravvivenza fino alla scadenza naturale della legislatura, dovrebbe rifare il patto del Nazareno con Berlusconi. L’intesa con Forza Italia consentirebbe al Partito democratico di centrare i suoi obiettivi di potere: consolidare Renzi alla guida del Paese e, contestualmente, bloccare sul nascere il pericolo di una ricostruzione unitaria del centrodestra. La proposta si fonda su un dato di certezza che non dovrebbe essere così scontato come, invece, lo si ritiene: il desiderio del vecchio leone di Arcore di scendere a patti con il suo ex pupillo fiorentino passando sopra le fregature che il giovanotto gli ha rifilato. A cominciare dalla scelta del Presidente della Repubblica. Riportare Silvio Berlusconi a votare le riforme costituzionali in cambio di qualche concessione, magari la riapertura dell’Italicum al premio di maggioranza alla coalizione anziché alla lista, rappresenterebbe il giusto punto di compromesso, secondo i cervelli pensanti dell’entourage renziano, per scavallare l’impasse generatosi dopo la sconfitta ai ballottaggi della scorsa domenica.
Inoltre, con un accordo a destra il “rottamatore” non dovrebbe piegarsi a umilianti cedimenti nei confronti della minoranza “Dem” la quale, come il tal cinese del proverbio, è assiepata sulla riva del fiume in attesa di vederne passare il cadavere politico. Sullo sfondo vi sarebbe anche il timore di finire, almeno in Senato, in un “Vietnam” parlamentare in grado di paralizzare buona parte dell’azione di governo. Se si tornasse a dialogare con Berlusconi, non sarebbe poi così disdicevole chiedergli un aiutino per far passare in Aula provvedimenti indigeribili per i “gufi” appollaiati sui banchi della maggioranza.
Dal punto di vista di Latorre il ragionamento non fa una grinza. Tuttavia, il punto non è quanto convenga al Pd “ripescare” l’antico nemico. La domanda è: sarebbe sensato per Berlusconi e i suoi fare un’ennesima inversione di marcia per tornare al Nazareno? Fuori di polemica, facciamo osservare che, nel corso dei dodici mesi durante i quali è stato in piedi il fantomatico patto, Forza Italia ha più che dimezzato il suo elettorato. E se oggi è riuscita a tenere la testa fuori dall’acqua e a conquistare un’insperata poltrona presidenziale in Liguria, lo deve al fatto di essersi mossa nell’alveo naturale del centrodestra. Un nuovo voltafaccia comporterebbe la definitiva perdita di quel residuo credito elettorale che ancora detiene. Scendere di nuovo a patti con l’avversario non solo non sarebbe compreso, piuttosto verrebbe giudicato come un inescusabile tradimento della volontà del popolo di destra. A maggior ragione adesso che si è dimostrata, nelle urne, la vulnerabilità del “fenomeno” Renzi.
La quasi scomparsa del Nuovo Centrodestra è la prova vivente della coerenza della gente di destra. Per quante giravolte la politica “politicante” possa provare, alla fine della fiera l’elettorato bastona. La sinistra è in difficoltà? Che se la sbrighino da soli. Poi, se vogliamo, la riforma del Senato, com’è passata alla Camera, è tale un obbrobrio che se naufragasse non sarebbero in molti a piangerla. Il momento è delicato e occorre calma e gesso. L’auspicio è che Berlusconi abbia conservato entrambi. Gli servirà anche una notevole dose di forza fisica per non essere trascinato a spinta, da chi gli ronza intorno, al civico 16 di via di Sant’Andrea delle Fratte. Al citofono: Partito democratico.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:14