Il futuro dell’Italia nelle mani di Obama

In questi giorni dalla Casa Bianca è giunta una decisione che, se dovesse essere attuata, ci porterebbe a un passo dalla guerra con la Federazione Russa. Il presidente Barack Obama vuole inviare un contingente di 5mila uomini armati, appoggiati da mezzi pesanti, lungo i confini orientali degli Stati baltici. Nei propositi delle alte sfere del Pentagono si tratterebbe di una misura deterrente. Ma non è così che la pensano a Mosca. Per i capi del Cremlino sarebbe una provocazione. E alle provocazioni si risponde con azioni di equivalente intensità. Da qui il rischio di un’escalation.

L’Italia è un alleato degli Stati Uniti. Visto che siamo partner, e non servitori, sarebbe lecito chiedere al più potente politico del mondo perché mai si sia intestardito a sfidare la Russia con tanto accanimento. E del perché voglia far sprofondare l’Europa nel buio di una nuova guerra fredda. È davvero questo ciò che serve al mondo in questo momento? C’è di mezzo la crisi dell’Ucraina che, lungi dall’essere chiusa, sta diventando la cancrena del sistema occidentale. C’è la vicenda dell’annessione della Crimea, che non è andata giù all’inesperto Obama. Pensava forse che, mettendo il cappello sui filonazisti di Kiev, avrebbe messo le mani sul porto di Sebastopoli, dove la Russia tiene ormeggiata la sua potente flotta del mar Nero?

Posto che un giorno si scriverà la vera storia di quel pasticcio, e c’è da scommettere che torti ed errori saranno scovati da tutte le parti e non soltanto sotto le volte della Cattedrale di San Basilio, può la vicenda ucraina determinare la frattura definitiva del fronte paneuropeo rispetto alle sfide che provengono dalle aree più arretrate del pianeta? È evidente che dietro le parole d’ordine della “santa causa” occidentale si celino inconfessabili interessi economici. La partita che solo in apparenza sembra giocata a due tra la Federazione Russa e la coalizione dei Paesi avanzati dell’Ovest, nasconde altre piccole guerre intestine che si consumano all’interno degli schieramenti. Alcune riguardano l’Italia e in particolare la sua “pretesa” di essere partner commerciale di primaria grandezza della Russia. Non è un caso se le sanzioni decise contro Mosca, alla lunga, stiano danneggiando principalmente il nostro sistema produttivo. Come non è un caso se, all’interruzione del progetto South Stream, il metanodotto che dalla Russia avrebbe portato il gas fino in Italia, bypassando l’Ucraina, non abbia fatto riscontro la chiusura del North Stream, l’impianto gemello che fornisce di gas russo la Germania. La partita energetica resta il nodo centrale che condiziona lo sviluppo di una Nazione e, a quanto pare, i nostri partner occidentali hanno deciso a tavolino che l’Italia questa partita la debba disputare con entrambe le mani legate.

Non è dissimile la questione della minaccia terrorista. Con la crisi libica alle porte, il nostro Paese rischia una sovraesposizione alle minacce jihadiste. In un contesto normale basterebbe poco per chiudere la pratica andando in territorio nordafricano a stabilizzare l’area attraverso un’operazione di peace enforcement. Purtroppo la crisi in atto con Mosca non ci consente di avere il pieno sostegno della comunità internazionale e del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. La conseguenza è che assistiamo impotenti al massacro in atto sulla “quarta sponda” patendone i suoi corollari, il primo dei quali è il flusso incontrollato di immigrati in partenza da quelle coste. Il secondo, altrettanto pericoloso, l’avanzata verso i nostri confini delle armate nere dell’Is. Perché, presidente Obama, dovremmo subire, solo noi italiani, questo stato di cose? Cos’ha in mente per il nostro futuro? Se non ha una risposta convincente al riguardo, non le dispiacerà se, alla prima occasione di un governo all’altezza del compito, la si mandi cordialmente a… quel paese?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:10