L’accoglienza come industria del malaffare

Ma chi ci guadagna con l’immigrazione? E chi ci perde? La vicenda di “Mafia Capitale” fornisce una risposta precisa ad entrambi gli interrogativi. A guadagnarci, in primo luogo, come ha spiegato un po’ troppo tardivamente il capo della polizia di Stato, Alessandro Pansa, sono i terroristi libici dell’Isis, quelli che organizzano i barconi, dirigono le partenze ed incassano i soldi dei disperati in fuga dai loro Paesi, disperati che se avessero documenti regolari spenderebbero molto meno pagando il biglietto aereo o navale. Ma i terroristi sono solo il primo anello della catena. Perché di seguito a guadagnare, come insegna lo tsunami che sconvolge il Campidoglio ed il Palazzo della Pisana, sono tutti quelli che in Italia hanno trasformato l’accoglienza in un’industria criminale addirittura più proficua della vendita di stupefacenti. Sono quelli delle cooperative e delle onlus che hanno conquistato il monopolio della gestione della solidarietà e che si dividono i centri d’accoglienza dove incassano circa quaranta euro al giorno per immigrato. Sono i politici locali e nazionali che influenzano le assegnazioni dei disperati e che pretendono adeguate tangenti da queste cifre da capogiro (solo nel 2014 gli immigrati sono stati più di 150mila). Sono i funzionari di Comuni, Regioni e Stato centrale che distribuiscono, smistano, dividono ed alimentano il traffico milionario. L’elenco dei beneficiari potrebbe continuare ed essere più dettagliato, come lasciano intendere gli inquirenti che hanno scoperchiato il vaso di Pandora. Ma per il momento è sufficiente aver scoperto il tumore. La caccia alle cellule malate verrà in seguito. Perché ora è molto più importante cogliere la preoccupazione dominante che la vicenda di Mafia Capitale ha suscitato nell’opinione pubblica italiana. La preoccupazione che alla base di tutte le politiche dell’accoglienza non ci sia la solidarietà, ma l’affarismo e la corruzione. Una preoccupazione che induce a pensare che tutto l’impegno umano, morale e civile a raccattare in mare gli immigrati sia in realtà diretto a non perderne neppure mezzo per non dover vedere svanire un solo rivolo dell’infame profitto.

A chi ci guadagna si contrappongono i tanti che ci perdono. E qui non c’è bisogno di compiere troppe analisi politiche e sociali o attendere la conclusione delle indagini per sapere la verità. A perderci sono tutti quegli italiani che vengono costretti a versare sotto forma di tasse, imposte, contributi, bolli, tariffe e multe due terzi del proprio reddito alle casse dello Stato per consentire alla macchina del profitto illecito dell’accoglienza di continuare ad andare avanti. Ed a perderci sono quei pensionati a cui si negano gli adeguamenti riconosciuti dalla Corte Costituzionale e quelli minacciati di subire nuove decurtazioni necessarie ad alimentare la macina di denaro necessaria a tenere in piedi il sistema burocratico clientelare. Ci si stupisce se poi il cinquanta per cento dei cittadini si rifiuta di andare alle urne e se del cinquanta per cento restante la metà punta sui partiti della protesta?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:13