
Sotto il cielo della comunicazione, di porcate se ne fanno e se ne dicono tante. Si prenda il caso di come siano stati trattati dai media i contestatori che impediscono a Matteo Salvini di svolgere regolari comizi.
Si respira aria di regime. C’è una narrazione renziana che non ama essere contraddetta nel descrivere un Paese che non esiste. Chi lo fa è portatore insano di pessimismo, eresia, disfattismo. Il capo leghista che va in piazza lo farebbe, secondo i servi del pensiero unico dominante, per speculare sulle paure degli italiani. Allora ci sta che i “quattro” (che non sono quattro) delinquenti dei centri sociali gli impediscano di parlare: rendono un servizio alla democrazia nel far tacere un “fascista”. Il governo se la cava con un laconico comunicato: “Dal 28 febbraio del 2015 a oggi, in relazione alle iniziative politiche dell’onorevole Salvini – che si sono svolte in 62 province – sono state impiegate 8.465 unità delle forze dell’ordine” a significare: “Noi del ministero dell’Interno abbiamo fatto il dovuto per garantire l’ordine pubblico”. Come se bastasse.
Anche i bambini comprendono che, senza un’opera di prevenzione a monte contro i famigerati “centri sociali”, attendere che Salvini si materializzi in pubblico per poi evitare che venga linciato non serve a garantirgli il diritto costituzionale alla libertà di espressione e di manifestazione. Chi volete che vada ad assistere a un suo comizio se sa che potrebbe scapparci il morto? Bell’esempio di democrazia! Questo governo finge di rammaricarsi della violenza estremista ma, sotto sotto, ci gode e ringrazia perché si finisce col criminalizzare l’unico concreto competitore in grado di ostruirgli la strada per la conquista del potere totale.
E poi ci sono quelli del caravanserraglio dell’intellighenzia di sinistra. Dove sono finiti i radical chic sempre pronti a firmare appelli? Per Salvini nessuna solidarietà. Non ha certo le medesime motivazioni del super coccolato, e ricercato, Cesare Battisti, il pluriassassino brigatista che i compagni intellettuali vogliono salvare ad ogni costo dalle grinfie della giustizia italiana. Fanno vomitare quando in televisione e sui giornali di regime si affannano a spiegare che, sebbene la violenza vada condannata, Salvini, con le cose che dice, in fondo se la sia cercata. È la stessa schifosa insinuazione che, ogni tanto, salta fuori dagli ambienti perbenisti a proposito di certi stupri ai danni delle donne: in fondo se l’è cercata. Ci domandiamo chi siano i veri neonazisti. Cosa sarebbe accaduto a parti invertite? Se, con la forza delle armi improprie, a interrompere un comizio delle anime belle della sinistra fossero stati quelli di destra? Allora, dagli con le fiaccolate di Don Ciotti, le perle di saggezza di Saviano, gli speciali sulla legalità del duo patetico Fazio/Littizzetto, i “pistolotti” de “la Repubblica”, i cortei con i vecchi partigiani, con “bella ciao” e con la Boldrini in gramaglie. È ciò che tocca a chi si oppone a questa sinistra. Ma va bene così. Smettiamola però di fare gli ipocriti. Di raccontare al mondo che l’Italia è il Paese del “volemose bene”. Non ci si ama affatto. Al contrario, con la “Seconda repubblica” è tornato in auge l’odio politico. È cominciato tutto con “l’infame” Silvio Berlusconi. Oggi tocca a Salvini vestire i panni dell’“odiato nemico”. La visione di cui è portatore il capo leghista è, per i “buoni” della sinistra, il nuovo male. E il male va combattuto con qualsiasi mezzo, come sanno anche le pietre lanciate da “quei bravi ragazzi” dei centri sociali.
È questione etica, prima che politica. La loro etica. Non la nostra.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:12