Il dato “nascosto”  delle elezioni regionali

Sono ormai anni che il valore dei sondaggi compiuti alla vigilia delle competizioni elettorali valgono meno di zero. In Italia come negli altri paesi europei. Il caso più recente della Gran Bretagna, dove i sondaggi davano in vantaggio i laburisti ed il voto reale ha segnato la larga vittoria dei conservatori, è l’esempio più lampante.

Ma a quindici giorni dalla conclusione della campagna elettorale per le Regionali 2015 c’è un dato, supportato dai risultati delle recenti elezioni in Trentino ed in Alto Adige, su cui non si è ancora riflettuto abbastanza. Si tratta del dato relativo alla previsione di voto riguardante il Partito Democratico. Che a Trento ed a Bolzano ha sicuramente vinto, così come aveva fatto a suo tempo in Emilia Romagna, ma che scende vertiginosamente dalle vette che aveva conquistato nelle elezioni europee. Questa discesa, reale nelle regioni dove si è già votato e virtuale, grazie ai sondaggi, in quelle dove si deve ancora votare, non è di qualche punto. Come avveniva una volta quando gli elettorati dei singoli partiti erano blocchi granitici e le elezioni si vincevano o perdevano con scarti minimi rispetto ai voti precedenti. La discesa del Pd è mediamente di una decina di punti, che in alcuni casi diventano molti di più.

Matteo Renzi ed i suoi sostenitori si consolano rilevando che il Pd vince comunque. Anche quando perde l’intera fetta di elettorato conquistata all’epoca delle Europee. Ma queste vittorie, che dipendono essenzialmente dalla frantumazione dello schieramento di centrodestra, nascondono sempre più a fatica due dati che assumono una grande importanza per i futuri sviluppi della politica italiana. Il primo è che, a dispetto del dilettantismo parlamentare dei grillini, Renzi non è riuscito a riassorbire in alcun modo la fascia della protesta organizzata da Beppe Grillo.

La seconda, addirittura più importante e significativa della prima, è che malgrado l’azzoppamento politico e giudiziario di Silvio Berlusconi, le defezioni abilmente provocate dentro Forza Italia e gli sforzi del Premier di conquistare parte dell’area moderata mortificando il più possibile la sinistra del suo partito, la stragrande maggioranza dei vecchi elettori del centrodestra non si è affatto convertita al cosiddetto “Partito della Nazione”, ma si è divisa tra chi si è lasciato attrarre dalle sirene del lepenismo all’italiana di Matteo Salvini e chi si è rifugiato nell’astensione per non votare né la Lega Nord, né il Pd ed i suoi cespugli. L’effetto-Renzi, in sostanza, si è esaurito. Chi pensava di stabilizzare il quadro politico italiano puntando sul predominio del partito del Premier e sulla dissoluzione di ogni opposizione ha sbagliato i suoi calcoli. Per dare stabilità al sistema italiano, esigenza avvertita da qualsiasi Cancelleria europea, non c’è altra strada che ripuntare sulla democrazia dell’alternanza e sul bipolarismo o bipartitismo che sia. Purché l’alternativa non sia rappresentata da Grillo e dal suo avventurismo.

Serve, allora, un centrodestra credibile, serio, affidabile. Cioè l’obiettivo primario da perseguire subito dopo che le elezioni regionali avranno certificato la fine della spinta propulsiva renziana!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:16