Le truffe (almeno tre) della legge elettorale

Partiamo dalla definizione del reato di truffa: “Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito…”. La legge elettorale che gli italiani stanno per dover inghiottire, se fosse perseguibile in tribunale, sarebbe condannata al massimo della pena. E non basterebbe, perché vittima sarebbe non qualche cittadino ignaro, ma l’intero popolo, truffato dai suoi stessi rappresentanti politici, anziché da delinquenti comuni. Che a mamma Boschi e papà Renzi il loro “renzino” piaccia assai, è più che normale. Ogni scarrafone è bello per i suoi genitori. Ma che magnifichi la bellezza del pargolo anche lo zio Roberto (D’Alimonte), il fecondatore artificiale, pare troppo rispetto al contributo senza vero spasso. Forse lo fa per obbligo parentale, anche se a cose fatte, qualche difetto genetico lo vede pure lui.

Il primo inganno, artifizio o raggiro, consiste nel premio smodato concesso al partito vincitore delle elezioni e nel fatto che il premio è necessitato. Al primo turno, chi supera il 40 per cento dei voti prende il 55 per cento dei deputati, cioè dell’intero Parlamento, al quale nel frattempo avranno potato, se non reciso, un ramo. Fosse stato il 40 per cento degli elettori o il 50 per cento dei voti, sarebbe stato quasi ragionevole: quasi, perché la truffa è nel premio “esplicito”, mentre il premio “implicito” del sistema uninominale maggioritario è solo “eventuale”. Al contrario, appunto, del “renzino”, dove il premio è “obbligato”: non può non scattare. Tanto è vero che nel secondo turno il ballottaggio tra i primi due partiti viene vinto dal partito che ha un voto in più dell’altro. Questa è la democrazia rappresentativa di cotali babbi, mamme e zii. Conferire il governo e la maggioranza parlamentare ad una minoranza minoritaria, perfino infima, del corpo elettorale può chiamarsi ancora con il glorioso nome di “Governo Rappresentativo”? I tre artefici, e i tanti correi del raggiro, ripetono che il “renzino” ha l’impagabile pregio di creare il governo nell’urna e di proclamare la sera stessa chi ha vinto e chi ha perso. Ma il pregio è comune a tanti Stati che pure hanno la sfortuna di non poter vantare un simile gioiello.

Il secondo inganno, artifizio o raggiro, consiste nel ballottaggio in sé. Abbiamo un sistema politico basato sul presidente della Repubblica che sceglie il presidente del Consiglio che deve avere la fiducia del Parlamento, e vi inoculiamo l’elezione diretta del premier che plasma con le sue mani, impastando la lista, non solo la maggioranza parlamentare ma i nomi stessi dei deputati fedeli. Il risultato sarà che il premier mette sotto il presidente o viceversa. Se prevale il primo, il secondo ne sarà l’inutile controfigura; se prevale il secondo, la sovranità popolare, già artefatta e raggirata dalla legge elettorale, finirà pure con l’essere svuotata. Ma il peggio, se possibile, è che, alla fin fine, il premier potrà pure eleggersi il suo presidente di fiducia, perché ne avrà il potere. Il secondo inganno porta dritto al terzo inganno. Il “renzino”, presentato come una semplice legge elettorale, per quanto truccata, nasconde invece un radicale mutamento costituzionale, che lo zio, in verità, non tenta affatto di nascondere. Anzi lo nota, diversamente da mamma e papà, che invece non ne parlano mai, e così vi accenna di passata, come se l’inganno fosse cosa buona e la truffa a fin di bene. Il “renzino”, infatti, instaura un presidenzialismo all’italiana; istituisce un presidenzialismo di fatto senza passare attraverso il procedimento di revisione costituzionale e realizza una riforma costituzionale in frode alla Costituzione vigente. Il fatto che la mamma e il papà del “renzino”, che magnificano ogni momento il virgulto, tacciano su questo suo carattere intrinseco, comprova la loro riserva mentale circa il fine ultimo che stanno perseguendo: ottenere un ingiusto profitto a danno del popolo truffato.

Sia chiaro, non sono un paladino della Costituzione italiana in blocco, sulla cui base le forze politiche hanno appunto potuto costruire una democrazia illiberale. Ma una pseudo-democrazia edificata sulla truffa è peggio di una democrazia zoppa. L’ispirazione che muove i riformatori, il papà in primo luogo, è pericolosa perché va in direzione opposta a ciò che insegna James Madison, il principale artefice della Costituzione americana: “Qual è la più grande di tutte le riflessioni sull’umana natura? Se le persone fossero angeli, nessun governo sarebbe necessario. Se fossero gli angeli a governare gli esseri umani, sul governo non sarebbero necessari né controlli interni né esterni”. Poiché nessun essere umano è un angelo, ma è fatto di passioni e difetti comuni a tutti, il “renzino”, sia di per sé come appare ed è, sia per ciò che implica necessariamente, sia per la connessione con le modifiche esplicite della Costituzione che lo accompagnano, è oltretutto un irresistibile richiamo a convincere i benintenzionati, alla Renzi, che ciò che si frappone tra la loro volontà e la realizzazione dei loro desideri è solo l’incomprensione, la cattiveria, l’invidia, la miopia di avversari e dissenzienti.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:10