
“Povera Patria schiacciata dagli abusi del potere...” cantava qualche anno fa Franco Battiato. Già! Povera Patria. Con tutti i guai che abbiamo ci mancava solo Laura Boldrini che strologa dal più alto scranno del Parlamento e il quadro è completo. La scialba borghesuccia venuta dalla provincia marchigiana, che si sente un redivivo Che Guevara, ne ha inanellate di perle del pensiero nei due anni di mandato parlamentare. Di recente, ha desiderato mostrare il suo profilo talebano sostenendo l’idea che dai monumenti scomodi, risalenti al fascismo, dovessero essere cancellate le scritte che creano disagio alla coscienza democratica del Paese.
Si rende conto, la presidente della Camera dei deputati, di ciò che dice? Eliminare le parole incise sulla pietra tolgono senso alla memoria di un popolo. Trasformano l’opera in materia inerte, rendendola inutilizzabile per la trasmissione dei contenuti spirituali della civiltà. Privare gli italiani di quel che è stato, nel bene e nel male, non li renderà migliori, probabilmente ne farà una massa di lobotomizzati. Se stessimo dietro alle sue farneticazioni dovremmo cancellare le incisioni che fregiano i timpani di certe chiese. Dovremmo tirar giù il Colosseo, perché monumento alla ferocia umana. Dovremmo censurare Dante Alighieri per aver mandato all’inferno il profeta Maometto. Dovremmo perfino tagliargli un intero canto, il XV sempre dell’Inferno, quello dedicato all’amico Brunetto Latini, a causa del suo contenuto omofobico. Ma si può tagliare l’arte? Se abolissimo tutto ciò che non ci piace del nostro passato in cosa saremmo differenti dai criminali dello Stato Islamico i quali, per un delirio iconoclasta, stanno espellendo il sacro dalla memoria condivisa?
L’unico evento della storia che pare stia a cuore alla Boldrini è la lotta partigiana. D’accordo il ruolo fondamentale della Resistenza nella costruzione dello stato democratico, ma dire che in Italia, dopo la caduta del fascismo non ci fu guerra civile ma solo guerra di liberazione dall’oppressore è una stupidaggine a cui neanche l’intellighenzia di sinistra osa credere. Dovrebbe sapere, la signora Boldrini, che se in Italia non si passò da un’oppressione a un’altra fu grazie alla presenza delle armate anglo-americane, le quali impedirono pericolose derive filosovietiche. Porzûs e la brigata Osoppo non diranno granché alla compagna Boldrini che non sta nella pelle al pensiero di indossare, il prossimo 25 aprile, il basco d’ordinanza e intonare “Fischia il vento” per le strade di Reggio Emilia. Eppure, quell’eccidio di partigiani compiuto da altri partigiani fu il campanello d’allarme che le cose, dopo il fascismo, sarebbero potute sfuggire di mano portando a versare altro sangue.
Questa Boldrini, che si muove sulla linea di faglia manichea della storia dei buoni scissa da quella dei cattivi, ci fa rimpiangere il comunista che è stato Luciano Violante. Nel suo discorso di insediamento alla presidenza della Camera dei deputati nel lontano 1996, l’ex-magistrato ebbe il coraggio dell’autocritica sostenendo che bisognava capire le ragioni per cui tanti ragazzi, e soprattutto tantissime ragazze, si schierarono con i nazisti e con i loro vagoni piombati. Erano anche loro italiani, i ragazzi di Salò, finiti dalla parte sbagliata per un senso dell’onore tradito. Non si trattava di giustificare, ma di provare a capire. Violante indicava la comprensione dei fatti quale metro di giudizio della storia del Novecento italiano più tragico.
Oggi, invece, il fanatismo della Boldrini vorrebbe impiccarci a una stupidità. Vorrebbe che il nostro presente restasse incatenato a una lettura apologetica di un passato che non ha la forza di evolvere. E solo perché, in fondo, sfilare con il fazzoletto al collo dei partigiani fa così figo.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:12