
Graziano Delrio è il nuovo ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti. Prende il posto del neocentrista Maurizio Lupi, sfrattato anzitempo dal Governo.
Con la collocazione, in un ruolo chiave di un altro fedelissimo, Renzi ha riequilibrato, a proprio vantaggio, gli assetti di potere all’interno dell’Esecutivo. Restano ora da sistemare alcune questioni di dettaglio. La prima riguarda la scelta di un altro sodale che sostituisca l’uscente Delrio nella carica di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Certamente il premier opterà per un compagno di cordata ugualmente affidabile.
La seconda vede protagonista la pattuglia del Nuovo Centrodestra. Angelino Alfano, dopo la defenestrazione di Lupi, si è precipitato dal suo attuale capo a implorare una contropartita “pesante” a titolo risarcitorio. Il ragionamento è stato il seguente: abbiamo perso una poltrona fondamentale con l’uscita di Lupi. Per salvare la faccia, e qualcos’altro, dobbiamo compensare la perdita con un incarico ministeriale ugualmente rilevante”. L’attenzione si è focalizzata sulla casella del ministero degli Affari Regionali, liberatasi dopo le dimissioni della piddina Maria Carmela Lanzetta. Soluzione, però, insufficiente per le esigenze dei neocentristi. Come ovviare? Aggiungendo un omaggio di qualità all’offerta. Spunta l’ipotesi di assegnare alle competenze del dicastero “leggero” anche la responsabilità della Coesione territoriale. Tradotto dal burocratese significa: la gestione dei fondi europei destinati al Mezzogiorno.
Messa così la cosa si fa appetibile per un partito a vocazione clientelare. Per Renzi, invece, si tratterebbe di un rischio calcolato. Lasciamoli sbagliare, si sarà detto il premier, che poi li seghiamo. Ma siamo alle solite! Mentre la banda del Giglio magico si prepara a consolidarsi nelle principali casematte del potere reale, i neocentristi festeggiano la presa sugli ingranaggi delle erogazioni comunitarie. Si prevedono tempi duri per i magistrati che dovranno sobbarcarsi l’aumento esponenziale dei carichi di lavoro. Se il modello di gestione sarà lo stesso già sperimentato con l’affare del campo profughi di Mineo, l’Ncd è messo male. A voler restare alla superficie del problema potremmo dire che la partita della distribuzione territoriale dei fondi europei non riguarda i vecchi alleati del centrodestra. Che se la sbrighino Alfano e soci a tenersi lontani dalle patrie galere maneggiando un eccezionale flusso di danaro. Purtroppo la situazione è più complessa. La scelta di affidare il Mezzogiorno all’area dei post-democristiani potrebbe determinare l’ennesimo fallimento delle politiche di rilancio del Sud dell’Italia. Decenni di finanziamenti distribuiti a pioggia non hanno condotto, come avrebbero dovuto nelle intenzioni, all’annullamento del gap socio-produttivo tra l’economia del Nord e le diseconomie del meridione.
Non sarà un ministero ad hoc che da solo potrà innescare la crescita. Ciò di cui ha bisogno il Sud è di un “sistema paese” che funzioni. Il pericolo, invece, è che si lavori a un’altra “Cassa per il Mezzogiorno” da riproporre sotto mentite spoglie. Se il prologo è il cappello in mano di Alfano, non aspettiamoci ripensamenti. Le strade che si profilano a destra, per fortuna, conducono in altre direzioni. A questo punto sarebbe almeno auspicabile che i neocentristi rinunciassero alla denominazione “Centrodestra” con la quale non hanno nulla da spartire. È questione di comunicazione mediatica. Se sono diventati la gamba sbilenca del potere renziano è affar loro. Avevano annunciato di volersi chiamare “Area Popolare”. Perfetto! Lo facciano. Diversamente, Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d’Italia avrebbero tutto il diritto di intentare una Class Action per pubblicità ingannevole contro questi abusivi e appropriatori indebiti di qualità politica.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:16