
Adesso si discute se con l’assoluzione nel processo Ruby, quello che più ha danneggiato a livello nazionale ed internazionale la sua immagine, Silvio Berlusconi sia in grado di riconquistare la scena e rilanciare Forza Italia come polo aggregatore dell’intero centrodestra.
Chi lo auspica punta sulle comprovate capacità di resurrezione del Cavaliere, dato per tramontato infinite volte nel corso degli ultimi vent’anni, ma sempre in grado di tornare a vedere l’alba della propria ripresa. Chi lo esclude, invece, sostiene che il tempo politico del fondatore di Forza Italia sia ormai terminato e che la sua sorte sia ormai quella di essere frantumato dalla morsa congiunta dei due “Mattei”, quello di lotta lepenista da una parte e quello di governo peronista dall’altro.
Tutti hanno le loro ragioni. Ma nessuno tiene conto di un dato che in un sistema democratico non può essere mai sottovalutato. Quello del consenso popolare. Questo dato, riferito a Berlusconi, indica che il discredito provocato dalla infinita persecuzione giudiziaria culminata nella diffamante operazione Ruby ha prodotto una pesante riduzione di voti per il partito del Cavaliere. Un partito, oltretutto, che nel frattempo ha subìto due scissioni di seguito, prima quella provocata da Gianfranco Fini e poi quella promossa da Angelino Alfano. Malgrado le campagne di discredito, la persecuzione giudiziaria, le scissioni, le defezioni e le ultime fratture dei fittiani e dei verdiniani, però, la riduzione di voti non ha portato, come sarebbe stato logico immaginare, allo sbriciolamento del consenso berlusconiano. Anzi, a dispetto di tutte le previsioni, proprio nell’anno in cui il Cavaliere è stato prima espulso dal Senato e poi tagliato fuori dalla normale attività politica in quanto condannato ai servizi sociali ed impedito di parlare del tema centrale della propria battaglia politica (quello della giustizia), la frana di consenso si è arrestata. Oggi i sondaggisti sostengono che Berlusconi continui ad avere un indice di popolarità superiore al 20 per cento e che Forza Italia, benché paralizzata da un anno di impedimento forzato del suo leader, rimanga sempre un punto sopra la Lega del rampante Salvini e non sia mai scesa sotto la quota del 13 per cento. Questa quota indica che, dopo la Caporetto provocata dall’azione mediatico-giudiziaria degli avversari e dalle diserzioni degli alleati e dei fedelissimi, il consenso di Berlusconi abbia trovato la sua linea del Piave. Che consiste nella conferma del ruolo indispensabile di Forza Italia per un qualsiasi schieramento di centrodestra alternativo alla sinistra di Matteo Renzi e che ribadisce come Berlusconi rimanga non solo il leader del fronte moderato provvisto di maggior seguito elettorale, ma anche il solo in grado di aggregare forze diverse per un’alternativa credibile al regime renzista.
Le condizioni per l’ennesima rinascita e per passare dal Piave a Vittorio Veneto, dunque, ci sono tutte. E c’è anche un fattore su cui nessuno si sofferma adeguatamente: l’incredibile capacità di lotta di Berlusconi. Nessuno avrebbe resistito alle prove a cui è stato sottoposto nel corso degli anni. Dai golpe a ripetizione compiuti ai suoi danni, alle pressioni morali, economiche, psicologiche che ha dovuto subire.
Può farcela un lottatore con simile tempra a rifondare il suo partito ed a lanciare l’ennesima sfida alla sinistra ora in versione renziana? Si accettano scommesse!
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:19