
Il “penultimatum” di Flavio Tosi ai suoi amici leghisti è la non-novità che anticipa la volata verso il voto delle elezioni regionali. In un’intervista rilasciata a “La Stampa” lo scorso 22 febbraio, il sindaco di Verona fa sapere, in polemica con il suo partito, di essere pronto a scendere in campo per contendere la presidenza della Regione Veneto al governatore uscente, Luca Zaia.
Tutti sanno, lui per primo, che non ci sono ragionevoli margini di successo per un’iniziativa che miri a spaccare il voto leghista. L’unica speranza che Tosi coltiva è quella di usare l’annuncio di un’eventuale azione di disturbo come arma di deterrenza per frenare la spinta dilagante del progetto targato Matteo Salvini.
Tosi è sempre stato personaggio politicamente anomalo. Da veneto non ha mai sopportato il peso dell’egemonia lombarda sul partito. Già dai tempi di Umberto Bossi. Soltanto la sua capacità di buon amministratore della città di Verona lo ha tenuto al riparo da ripetuti tentativi di epurazione. Tosi è uno che in politica ama ballare da solo. Se lo ricordano bene i veronesi di Forza Italia ai quali il sindaco “amico” in pochi anni ha segato le gambe portandogli via mezza classe dirigente. Per questa ragione è altamente improbabile che possa averla vinta.
Tuttavia, quello che sembra sfuggire alla sua analisi è la granitica convinzione di Salvini di provare in Veneto una sorta di stress test per i programmi di governo della nuova Lega. L’essenza della scommessa politica del Carroccio versione Italia si focalizza sull’idea forte che vi sia, sparso da Nord a Sud dello stivale, un popolo di vinti dalla globalizzazione che attende il momento del riscatto. Ma per poter vincere deve recuperare credibilità. Fu proprio la mancanza di credibilità, alle ultime elezioni politiche del 2013, a condannare la Lega a una sonora sconfitta. In quell’occasione il travaso di voti avvenne a esclusivo beneficio del movimento di protesta di Beppe Grillo, che in Veneto realizzò un impressionante 25 per cento di media tra Camera e Senato contro un miserello 10 cento alla Lega ancora bossiana. Oggi che i Cinque Stelle hanno fatto fiasco, Salvini punta contro di loro la testa d’ariete della macchina elettorale. Lui è ben consapevole che la partita dell’opposizione al governo Renzi debba essere giocata mettendo in campo una squadra composta di persone le quali diano garanzie di affidabilità sul posizionamento post-elettorale. Questa condizione escluderebbe ogni possibilità di dialogo con il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano. Ma anche sull’alleanza con Forza Italia ci sarebbero dubbi. Non bisogna trascurare l’effetto negativo che ha avuto lo scandalo del Mose sull’opinione pubblica veneta. In particolare non è stata certamente gradita agli elettori forzisti la sorpresa di ritrovare un esponente storico del partito quale Giancarlo Galan invischiato mani e piedi nel malaffare.
Oggi sia Forza Italia sia l’Ncd minacciano sfracelli in caso di mancato accordo sul fronte veneto e per questo stanno esercitando fortissime pressioni su Roberto Maroni, a rischio di defenestramento dalla guida di Regione Lombardia, perché convinca il suo giovane leader ad abbassare la cresta e a sedere al tavolo delle trattative. Ma domani, quando si arriverà agli ultimi momenti prima della presentazione delle liste, se Salvini sarà riuscito a tenere il punto sia quelli di Forza Italia sia quelli dell’Ncd metteranno da parte l’orgoglio e andranno a pregarlo a mani giunte perché non li lasci a terra. La concreta possibilità che si replichi uno scenario come quello visto alle ultime elezioni regionali in Calabria e in Emilia-Romagna li terrorizza. Silvio Berlusconi, in particolare, teme che l’ostinazione di Salvini possa avere un effetto implosivo nel centrodestra. Non si può escludere che la pattuglia fittiana presente in Veneto decida di giocare la partita delle alleanze per proprio conto. Comunque vada, entro il prossimo mese di maggio, a urne chiuse, si saprà con certezza se il progetto a lunga gittata di Salvini avrà una speranza di futuro. Molto lo dirà lo stato a cui sarà giunta la crisi del Paese. Sarà una bella sfida. Attendiamo ansiosi di vedere come finirà.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:14